Ritratti: giornalisti del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Alan Scifo

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Non ho mai incontrato Alan Scifo di persona. Ho letto con attenzione alcune delle sue inchieste su Repubblica e sull’Espresso. Non nascondo che da tempo avrei avuto il piacere di incontrarlo. L’occasione si è presentata poco tempo fa, in una conversazione online organizzata dall’editore Ottavio Navarra. Alan è un giovane con molte passioni: ama passeggiare all’aria aperta, è una delle poche cose che gli trasmettono serenità, gli piace ascoltare musica a ogni ora del giorno. Il suo cantante preferito è Rino Gaetano. Mi ha confidato che tra le sue canzoni non ne saprebbe scegliere una in particolare. Ama molto viaggiare, quando può, è innamorato di Parigi ma soprattutto adora i posti che raccontano delle storie, che siano interessanti, non importa che siano belle o brutte. In cucina sa fare poco, si diletta a preparare almeno una torta a settimana per la colazione delle figlie e di sua moglie. La sua vita è fatta di lavoro e del sorriso delle sue due bimbe che riempiono la sua vita. Tra i cibi preferiti c’è la pizza. La sua ultima pubblicazione ha un titolo molto originale. “Se Colapesce si stancasse Navarra Editore”. E’ una sorta di viaggio nei luoghi più inquinati della Sicilia, dove nascono bambini con malformazioni e pesci con la spina bifida, dove si continua a morire anche dopo la chiusura delle fabbriche mai bonificate e dove il bagno si fa nel mare del mercurio. E’ un libro contro la rassegnazione all’inquinamento e contro i guasti e le contraddizioni che vivono i siciliani ogni giorno della loro vita. In questa terra dalla storia millenaria, la gente prega Santi e Madonne ma ogni giorno distrugge la natura senza farsi scrupolo. L’isola è l’emblema di come l’uomo abbia dimenticato che noi stessi siamo natura uccidendo la natura, uccidiamo pure noi. Questo libro ha tutti i requisiti per farsi avanti, infatti, è stato selezionato tra migliaia di altri testi da una giuria di esperti tra quelli vincitori del bando “Per chi Crea”, proposto dalla Siae. La prefazione è del direttore dell’Espresso Enrico Bellavia. Si potrà trovare in tutte le librerie a partire dal 26 aprile. La prima presentazione avrà luogo alla Biblioteca Lucchesiana Palli di Agrigento e il 12 maggio sarà presente al Salone Internazionale del libro di Torino. Ma andiamo a conoscere Alan da vicino.

-La Sicilia e i giornalisti: un rapporto difficile e tormentato. Giuseppe Fava, Beppe Alfano, Giovanni Spampinato, Mario Francese, Mauro De Mauro ed altri giornalisti hanno pagato il loro impegno con la vita. Perché è così difficile raccontare questa terra?

Credo che oggi la Sicilia sia cambiata, quella narrata da questi giornalisti era una Sicilia difficile e di cui avere paura, oggi invece le difficoltà sono da ricercarsi nella voglia di raccontare. E’ cambiato il peso del giornalismo e molti che vogliono raccontare si chiedono se veramente ne valga la pena, non credo che oggi ci siano gli stessi ostacoli di 30/40 anni fa, credo che invece sempre meno gente abbia voglia di addentrarsi in questo mondo così intricato che porta più guai che benefici.

-Quando è nata la passione per il giornalismo. Ricordi il primo articolo che hai scritto?

Il mio primo articolo lo ricordo bene, uscì senza firma perché ero ancora un ragazzino e lo scrissi per La Sicilia. Avevo appena preso il diploma e ho chiesto al giornale di poter collaborare, il problema è che quelli erano gli inizi dei tempi del declino di quel quotidiano e quindi collaborare non significava essere pagati. Ho deciso, dopo questo articolo, di continuare gli studi, laureandomi e continuando a comprendere questo mondo così difficile. Poi ho riprovato con LiveSicilia, la prima vera casa che mi ha fatto capire cosa significa “scrivere”. La passione nasce sin da piccolo: quando a sei anni mi chiedevano cosa volevo fare da grande rispondevo “lo scrittore”. Mi piacevano tanto i giornali sportivi, poi pian piano mi sono dedicato alle inchieste e ho deciso che quella era la scarpa che mi calzava meglio.

-Lucio Luca ha scritto con Zolfo Editore un libro molto significativo, “Quattro centesimi” a riga morire di giornalismo, con la prefazione di Attilio Bolzoni. L’hai letto?

L’ho letto e mi sono immedesimato (anche troppo) nella storia, tanto che ho subito contattato Lucio per dire che aveva scritto qualcosa di straordinario. Questo libro dovrebbero leggerlo tutti coloro che intendono intraprendere questa strada, ed è tutto drammaticamente vero. I giornalisti oggi sono alla stregua dei calciatori: solo se giochi nelle prime tre serie nazionali guadagni e lo consideri un lavoro, il resto è un hobby, un hobby praticato spesso da persone che non hanno neanche le competenze per farlo.

-Giornali cartacei e giornali online. Quale futuro si staglia all’orizzonte?

Credo sempre che il giornalismo di inchiesta abbia più risalto in un cartaceo, mentre i siti online siano più adatti per la cronaca. E’ inutile prenderci in giro, ma i giornali non li compra quasi più nessuno e i ragazzi (o ex ragazzi) non li leggono più, si informano in maniera diversa, addirittura non si informano per niente. Questo è lo stato dell’arte: i giornali cartacei non li compra più nessuno, mentre quelli online difficilmente riescono a coprire le spese per una redazione di qualità, quindi si va a sbattere contro un muro, con un conseguente taglio dei costi e dei validi giornalisti.

Conviene ancora fare i giornalisti?

Ho forti dubbi.

-Come si spiega che negli Stati Uniti i quotidiani cartacei reggono e da noi stanno scomparendo insieme alle edicole, sia nei paesi che nelle città?

Io credo che la cultura sia diversa: anche se i giornali cartacei nelle edicole scompaiono, quelli americani hanno saputo reinventarsi con le stesse copie online e poi, grazie alla lingua inglese conosciuta in tutto il mondo, riescono a vendere le loro copie anche fuori dai confini. In Italia è diverso, non si legge più il cartaceo, qualcuno legge le copie online, altri leggono solo i siti, senza approfondire.

-E’ vero che nelle miniere siciliane sono nascosti rifiuti tossici e nessuno ne parla?

Tanti indizi, come scrivo nel mio ultimo libro “Se Colapesce si stancasse”, portano a pensare che rifiuti tossici siano stati nascosti dentro le miniere prima della loro chiusura. Noi sappiamo che la mafia aveva le mani nelle miniere di molti paesi tra Agrigento e Caltanissetta, sappiamo da pentiti che i rifiuti c’erano, sappiamo che ci sono casi di navi che sono affondate in casi abbastanza “insoliti”, sappiamo che ci sono misteriose morti legate a questa vicenda ma non sappiamo dove si trovano questi rifiuti. Io escluderei quelle di zolfo, però credo che vada scandagliato il territorio delle miniere di kainite (Sali potassici) come quelle di Pasquasia e Serradifalco/San Cataldo, per capire cosa si nasconde dentro quelle miniere.

-Puoi commentare una frase di Piersanti Mattarella “la Sicilia non ha padri”…

La Sicilia, e ancor di più la provincia di Agrigento, è una terra “bastarda” nel senso che siamo figli di dominazioni, di colori diversi, di culture diverse e di ideologie diverse. In queste dominazioni io metto non solo i popoli, ma anche la mafia, che ha dominato l’intera isola almeno per trent’anni. Oggi ne paghiamo ancora le conseguenze, e sono convinto se siamo messi così, se una persona deve emigrare per cercare il proprio futuro è anche grazie a quest’ultima dominazione che ha ridotto, più di altre, in gente sottomessa al volere di pochi.

-Il ponte sullo stretto è diventata una storia pirandelliana. Se ne parla da quando sono nato, non l’ho visto, non l’ha visto mio figlio e non lo vedrà neanche mio nipote. E’ forse l’unico modo per la lega per rubare i voti ai siciliani ingenui, ai cui genitori negli anni ‘60 non hanno voluto affittare le case a Milano e Torino, negli anni del boom economico, li chiamavano con disprezzo “terroni”.

Non mi dico del tutto contrario all’idea del ponte in sé, se questo però è abbinato a interventi strutturali che facciano cambiare DAVVERO il volto alla Sicilia, partendo da Messina fino al Sud del Sud, ad Agrigento. Non mi ritengo contrario ma non mi illudo che questo succederà. Credo che rimarrà sempre un Sud e Nord e la parte meridionale dell’isola, come dimostrano gli interventi nelle ferrovie degli ultimi anni, è diventata ancora più Sud rispetto a Catania o Messina. E’ ormai l’unico pensiero di Salvini, che vuole a tutti costi l’opera e si comporta come se fosse l’unico problema di cui occuparsi. Poco più in là a Messina ci sono ancora le baracche del terremoto di più di un secolo fa, ecco, quella è la realtà che dovrebbe vedere.

-Puoi commentare questa frase: La dittatura ha un linguaggio poverissimo. La letteratura deve far nascere dubbi e domande.

Mi affido alla storia che chi legge è come se viaggiasse mille e mille volte. La letteratura è il pane della diversità. Nel libro di George Orwell 1984 c’erano tante persone tutte uguali e stereotipate, figlie del “Big brother” e oggi abbiamo raggiunto e superato quel mondo immaginario che sembrava inverosimile, c’è sempre più omologazione del pensiero e le poche voci libere sembrano essere delle mosche bianche che devono pure temere di esprimere il loro pensiero.

-Perché in Italia e ancor più in Sicilia c’è zero rispetto per l’ambiente. Da dove iniziare e cosa bisognare fare? Un lettore ha visitato la Sicilia ha scritto una lettera ad un giornale: “Pregano Madone e Santi e poi distruggono l’ambiente mozzafiato senza pietà”…

Come non essere d’accordo? L’ambiente sembra sempre l’ultimo dei pensieri di sindaci, amministrazioni e persino dei cittadini. Da un lato ci preoccupiamo tutti per l’alto numero di malattie e tumori, di come il clima sia ormai tropicalizzato, ma dall’altro lato non ci chiediamo cosa possiamo fare per far sì che qualcosa cambi. La colpa è sempre di altri, ma dobbiamo accorgerci che abbiamo già superato il punto di non ritorno e che il mondo che dobbiamo rendere ai nostri figli deve essere per forza diverso. In meglio.

-Donne e violenze, c’è ancora tanto patriarcato maschile… Quando si fermerà questa follia?

Non voglio essere pessimista, ma credo che questi ultimi anni, dopo il Covid e le guerre, abbiano fatto aumentare la violenza insita in noi e quindi hanno esacerbato comportamenti individuali e di prevaricazione nei confronti degli altri. Il massimo dell’egoismo poi porta a questo.

-Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Da tre anni, oltre a scrivere lavoro per dei programmi televisivi. Spero di avere più certezze che dubbi, ma sono convinto di poter fare ancora meglio impegnandomi sempre più. Rimanendo chiusi in casa non si cambiano le cose, bisogna muoversi e credo che quest’anno mi muoverò parecchio. Dopo questo mio libro di prossima uscita, voglio scriverne uno che racconti la storia dei due fratellini morti nell’esplosione delle Maccalube di Aragona il 27 settembre di 10 anni fa.

Biografia

Alan David Scifo, è un giornalista professionista, lavora per il programma di approfondimento Ore14 su Rai2, ha pubblicato reportage di inchiesta con Repubblica – Palermo, L’Espresso, Il Fatto Quotidiano e TPI. In passato ha lavorato per programmi di approfondimento su La7 e su Tv8. Nel 2020 e nel 2021 ha vinto il premio Rossella Minotti, nel 2022 il premio Mariagrazia Cutuli. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro “Sud del Sud”.

Un ringraziamento al fotografo-scrittore Salvatore Indelicato per le didascalie nelle foto.