Curiosità e storia del carretto siciliano Maurizio Piscopo intervista Marcella Croce.

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Da molto tempo pensavo di dedicare un articolo al carretto siciliano per tutto quello che ha rappresentato per la storia della nostra isola. Ne ho parlato con Lino Buscemi, con il giornalista Gaetano Celauro che mi ha messo in contatto con la giornalista e scrittrice Marcella Croce. C’è voluto un po’ di tempo per scriverlo ma con l’aiuto di Marcella e delle sue splendide foto l’articolo ha preso forma.

Sul carretto…

Il carretto siciliano ha molti anni di storia, si colloca al culmine di una tecnologia artigiana millenaria e nel contempo ne segna la fine, dato che nella seconda metà del novecento subentra la motorizzazione di massa. I carri fanno parte della nostra vita e sono rappresentati nei mosaici, hanno rappresentato una storia che va dal medioevo all’età contemporanea. Con la grande manualità degli artigiani che lavoravano il ferro battuto, il legno intagliato, con le storie dipinte il carretto divenne un unicum in Europa; come ebbe a scrivere Giuseppe Antonio Borgese, tutto il popolo è artista di cui facevano parte anche i cantastorie, l’opera dei pupi e la poesia dialettale. Il carretto è l’espressione di arte popolare nella pittura, scultura, ferro battuto e alla pregnanza di significato dei vari elementi iconografici. La prima testimonianza di un veicolo su ruote si trova in un pittogramma del 3500 a.c. custodita nel tempio di Inama nella Bassa Mesopotamia, altre testimonianze si trovano in Assiria, Siria settentrionale, nella vallata dell’Indo, nel Turkmenistan.Attraverso il carretto siciliano si può raccontare la storia della civiltà contadina. Restano famosi nell’immaginario collettivo i carri scozzesi del primo ottocento, il carro dei pionieri americani. Una curiosità:la comunità Amish dell’Ohio rifiutava la tecnologia moderna ed ha seguito stili di lavoro settecenteschi… Sono tante le parole siciliane legate ai carretti siciliani, mpaiatu, spaiatu, u cavaddru ammurratu, l’occhiu di l’asta, l’ucciali, a cascia du carrettu, ciumazzeddddi, contraciumazzeddi, masciddera, stanga, chiavi di lignu, sbarruneddu, cintuni, caccagneddu, tavulazzu.

I carretti viaggiavano anche di notte e utilizzavano un lume a petrolio con gabbia metallica appesa ad un gancio. Nelle carrozze c’erano due fanali in lamiera d’acciaio posizionati nella parte anteriore e proiettavano la luce davanti ai lati.

Espressioni siciliane legate ai carretti:

“Na carrettata di sali, di amici e di frumentu n’un fannu mai un cunventu”… Si racconta che al contadino che ordinava un carretto in occasione del suo matrimonio gli veniva offerto l’aratro come dono di nozze. Nella novella Cavalleria rusticana tra i fichidindia della Canziria è ambientato il duello tra il carrettiere Alfio e cumpari Turiddu, vicenda dipinta in innumerevoli carretti e celebre in tutto il mondo grazie all’opera lirica di Mascagni… I carrettieri di Avola nel 1906 avevano preparato lo statuto della lega dei carrettieri e si aiutavano tra di loro; l’articolo 33 recita: “I soci tutti sono in obbligo alla morte di un socio di accompagnarne la salma fino al Cimitero e pagandone la società le spese di esequie”. Il medico antropologo e studioso delle tradizioni popolari Giuseppe Pitrè ha scritto che nel 1912 Palermo contava 4758 carretti e quando si celebravano le feste in campagna essi erano una vera delizia dell’occhio. Un famoso letterato francese durante il suo viaggio fatto in Sicilia racconta di aver visto sulle strade dei carretti, le cui fiancate recavano l’immagine della Vergine o di qualche santo, e il cavallo che trainava il carro era coperto da una bardatura ornata di placche di cuoio e chiodi dorati, recanti sulla testa un pennacchio di colore giallo e rosso (i colori della Sicilia). Erano mezzi di lavoro indispensabili nella vita di ciascuno. Il carretto veniva usato anche come trasporto per tutta la famiglia del contadino, soprattutto nell’area occidentale. I carrettieri viaggiavano per ore anche nelle notti fredde, e per non essere presi dalla malinconia cantavano. Erano canzoni dedicate alle fidanzate desiderate. Con il passare degli anni il carretto si è trasformato in un’impresa di trasmissione culturale. Vennero presto decorati, prima con immagini sacre e poi con nuovi temi introdotti dall’influenza dei cantastorie, che andavano in giro per la Sicilia narrando storie d’amore. Vi erano anche rappresentazioni delle storie paladine e anche alcune scene della “Cavalleria Rusticana”, novella dello scrittore siciliano Giovanni Verga, dedicate alla figura del carretto. Il carretto è inoltre menzionato nel Gattopardo, e in alcuni romanzi di Andrea Camilleri. Nel tempo il carretto da un uso semplice si è trasformato in una vera e propria opera d’arte. Il colore e i dipinti servivano a proteggere il legno dall’usura del tempo e da agenti atmosferici. Poiché i carretti servivano anche a vendere la merce nei mercati, più il carretto era dipinto con colori sgargianti e storie avvincenti, più attirava l’attenzione dei passanti che si fermavano a vedere e a comprare. Per questo motivo si aggiunsero anche nel corso degli anni dei campanelli per richiamare i compratori.Il carretto è costruito in legno di diverse qualità come il legno di noce o di fagiano, spesso fregiato da intagli e decorazioni. Proprio per la sua struttura, forma e decorazione, per la sua realizzazione richiedeva gruppi di artigiani con specializzazioni diverse ad esempio l’intagliatore che faceva uso del legno, del fabbro che si occupava di elementi di ferro battuto, del pittore che decorava la superficie e le parete della cassa del carro. Oggi è ormai raro trovare artigiani che si occupano della realizzazione del carretto. La conoscenza e l’arte artigiana non sono state perse del tutto, anche se sono meno diffuse, esse sono state stata gelosamente custodite e tramandate nel tempo, da padre in figlio. Approfondiamo questo affascinante tema del carretto con la giornalista e scrittrice Marcella Croce che conosce molto bene le tradizioni della nostra terra e ha scritto moltissimi articoli e libri sulla Sicilia.

-Com’è formato il carretto?

Il carretto è formato da due tavole sul quale sono montate le sponde fisse (masciddara, cioè mascelle), e uno sportello posteriore per rendere facile il carico e scarico delle merci. Ogni sponda è divisa in due quadri, su cui vengono dipinte le scene. Le storie rappresentati sulle fiancate vanno da quelle cavalleresche a quelle storiche.

-Qual è la funzione della pittura nel carretto?

La pittura del carro ha due importanti funzioni: la prima è quella di proteggere il legno, la seconda è di attrarre i clienti con le storie che vi sono rappresentate, dato che il carretto veniva usato per vendere le merci oltre che trasportarle.

-Quali sono le caratteristiche del carretto?

A secondo della zona il carretto assume diverse caratteristiche. A Catania le sponde del carretto sono rettangolari, la tinta è di colore rosso come la lava dell’Etna, a Palermo le sponde sono trapezoidali e prevale il giallo. In alcuni centri storici, durante eventi popolari in onore alla festa del patrono si svolge la sfilata dei carretti siciliani accompagnati da gruppi folcloristici che distribuiscono vino e biscotti.

-Esiste ancora il carretto?

Il carretto siciliano, anche se è in via di estinzione, esiste ancora. È famoso in tutto il mondo per le sue decorazioni e dipinti a tema cavalleresco. Ancora oggi carretti decorati e dipinti in miniatura si trovano nei negozi di souvenir per attirare l’attenzione dei turisti. I colori solari dei carri sono entrati anche nella moda di famosi stilisti, che hanno ideato scarpe orecchini, perfino un frigorifero con questo tema. Nella casa di moda “Dolce e Gabbana” si trova una collezione di vestiti con disegni dei carretti siciliani.

-E il museo del carretto?

In alcuni paesi dell’isola, come per esempio Terrasini, si possono visitare Musei del carretto siciliano che ci permettono di comprendere meglio questo straordinario oggetto artistico e i cambiamenti che sono avvenuti nella sua storia.

-Qual è la storia del carretto?

Da mezzo di trasporto a opera d’arte il passo è stato relativamente breve. La storia del carretto siciliano risale ai primi dell’Ottocento, infatti, fino al ‘700, lo scarso sviluppo delle strade nell’isola aveva limitato i trasporti al dorso degli animali. Da quel momento si hanno le prime testimonianze dei carretti realizzati con ruote molto alte, per poter affrontare le “trazzere”, strade fatte da spaziosi sentieri a fondo naturale, ma anche per trasportare le merci ai porti di imbarco e sbarco. Venivano anche usati per il trasporto delle uve nei diversi vigneti. Erano dunque mezzi di lavoro che venivano distinti in: vinaroli, per il trasporto delle vinacce, furmintari, trasporto del grano, e rinaroli, per il trasporto dei materiali quali sabbia. L’uso diverso deteminava variazioni nella struttura ad esempio nelle sponde laterali, più o meno alte. Oggetto indispensabile nella vita di ogni famiglia vennero ben presto decorati dapprima con immagini sacre, a protezione del carretto stesso, in seguito con nuovi temi introdotti dall’influenza dei cantastorie, che andavano in giro per la Sicilia narrando di cavalieri e di amori. I santi non furono più i protagonisti principali, ma rimasero presenti nel cosiddetto pizzo, cioè il decoro in ferro battuto presente al centro dell’asse fra le ruote, e dovevano proteggere il carretto e il carrettiere dai pericoli presenti nel loro cammino. Fecero così la loro comparsa le prime rappresentazioni delle storie dei paladini derivate dalla Chanson de Roland medievale e da altri cicli cavallereschi e alcune delle scene della “Cavalleria Rusticana”, la novella di Giovanni Verga il cui protagonista è appunto un carrettiere. La pittura del carretto, inoltre, assolveva anche alle funzioni di protezione del legno e alla funzione commerciale, di promozione della propria attività, oltre che a dimostrare la ricchezza del proprietario.

-Com’è stato descritto il carretto nella storia?

La prima descrizione del carretto siciliano risale al 1833 ed è presente nel resoconto del letterato francese Jean Baptiste Gonzalve de Nervo (1840-1897), che rimase in Sicilia un mese per raccogliere materiale per il suo libro di viaggio. Fu il primo a raccontare di aver visto sulle strade siciliane dei carretti, le cui fiancate recavano l’immagine della Vergine o di qualche santo, derivata dalla pittura su vetro, molto popolare a quei tempi in Sicilia.

-Sulle testimonianze…

Nel 1865 il geografo francese Eliseo Reclus, venuto in Sicilia per osservare l’eruzione dell’Etna, ne lasciò ulteriore testimonianza. Vent’anni dopo – siamo nel 1885 – anche il celeberrimo scrittore francese Guy de Maupassant venne colpito alla vista di un carretto a Palermo, tanto da definirlo “un rebus che cammina” per l’innumerevole presenza di elementi decorativi presenti, praticamente, su tutta la superficie. Scrisse Guy de Maupassant: “Quei veicoli dipinti, buffi e diversi tra loro, percorrono le strade, attirano l’occhio e la mente come dei rebus che viene sempre voglia di risolvere”.

-Quali sono i colori del carretto ?

Moltissimi gli elementi che differenziano il carro nelle diverse aree di provenienza nell’Isola; da qui la nascita di diverse scuole e famiglie d’arte. I colori caratterizzano i luoghi di realizzazione: giallo, rosso cinabro, arancio e verde sono i principali.

-Quali erano gli artigiani coinvolti nella costruzione del carretto ?

Il falegname (mastro d’ascia) costruiva il carro, lo scultore scolpiva varie parti del carretto tra cui il pizzo, il fabbro forgiava la cascia ‘i fusu sopra l’asse fra le ruote, il pittore dipingeva tutto copiando le storie da libri o altro, il siddunaru faceva le decorazioni (armiggi) per il cavallo e infine un altro artigiano faceva le parti metalliche da posizionare nel centro delle ruote che, quando il carretto si muoveva, dovevano far un rumore spesso personalizzato.

-Quando avviene l’incontro tra il cunto e il carretto?

L’incontro tra cunto e carretto siciliano avviene, infine, intorno al 1820. Se prima i cuntisti, o cunta storie, salivano su una sedia o su un masso per intrattenere il pubblico, con la comparsa dell’Opera dei Pupi i pittori cominciarono a dipingere i carretti con le stesse immagini dei racconti fatti al popolo, diffondendo così le gesta dei personaggi narrati a voce. Anche se intorno alla metà del ‘900 i nuovi mezzi di trasporto hanno via via soppiantato il carretto siciliano per il trasporto delle merci, molti esemplari sono ancora testimonianza della storia e dell’identità siciliana, e sono protagonisti di importanti manifestazioni folcloristiche.

Biografia

Marcella Croce, dopo una laurea in inglese all’Università di Palermo e una borsa di studio Fulbright presso il Mt. Holyoke College (USA), ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università del Wisconsin. Per oltre venti anni è stata coordinatrice e docente in Sicilia del Programma Elderhostel e del semestre di studi all’estero dello Union College (USA). Per conto del Ministero degli Affari Esteri è stata docente di italiano all’Università di Isfahan (Iran) e alla Ritsumeykan di Kyoto (Giappone).È stata collaboratrice di Repubblica Palermo fino al 2010, e collabora attualmente con il Giornale di Sicilia.

Le foto sul carretto siciliano sono di Marcella Croce.