Con Angelo Campanella – insegnante, scrittore, ricercatore – ci siamo conosciuti a Racalmuto nel 2019. La nostra amicizia e collaborazione si è anche concretizzata nella scrittura a quattro mani del libro “Raccontare Sciascia” (ed. Navarra 2021), che continua a riscuotere ampio consenso. Da tre anni è dottorando all’Università di Palermo e collabora col Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, diretto da Giovanni Ruffino.
-Cosa ti spinge a scegliere un libro, la copertina, il titolo, la fama dell’autore o un Premio letterario importante vinto dall’autore?
Sono un lettore onnivoro. Mi piace la letteratura di qualità, ma leggo anche molti saggi. Nella narrativa mi attrae una prosa riconoscibile, che abbia un’identità stilistica. La trama e le tematiche sono per me un elemento secondario rispetto alla lingua: leggo per ricavare godimento dalla narrazione, non per sapere come va a finire la storia. I saggi ovviamente li scelgo per i contenuti e ne apprezzo il rigore scientifico, la precisione dei riferimenti, la ricchezza delle fonti. Da autore di narrativa e di saggi cerco di applicare al mio lavoro lo stesso rigore che cerco nei testi di altri autori. La fama è talvolta garanzia di qualità, ma non sempre è così. Inoltre, dai premi letterari prendo sempre le distanze. Non dico che non siano importanti, ma nella scelta dei libri da leggere mi lasciano del tutto indifferente. In altre parole, non sento mai l’esigenza di leggere un romanzo perché ha vinto lo Strega o il Campiello o altri premi – anche importanti – che ci sono in Italia.
-Ad un certo momento della tua vita, dall’insegnamento a contatto con i ragazzi sei passato all’Università, al dottorato di ricerca in Studi Umanistici presso l’Università di Palermo. Come va questa esperienza che ti impegna molto e ti porta in giro per l’Europa?
In realtà ho sempre amato la ricerca e la svolgo – si potrebbe dire – fin da bambino, quando registravo la voce di mio nonno che mi raccontava i cunti racalmutesi. E quei racconti li ho trascritti, tradotti, riscritti da ragazzo. Ne è scaturita una pubblicazione nel 2010 (I racconti della nonna, ed. Estero 2010 n.d.r.). Nel 2012 ho pubblicato la trascrizione di un testo inedito di Nicolò Tinebra Martorana. Nel 2015 è uscito un mio corposo repertorio toponomastico per Edizioni dell’Orso. Sono tutti esempi di ricerca che si concretizza in pubblicazioni finalizzate a restituire al pubblico i dati raccolti. Il dottorato di ricerca iniziato nel 2021 ha, dunque, rafforzato e amplificato al massimo ciò che già facevo da tanti anni. Il gruppo di dottorandi col quale lavoro, sotto la guida della professoressa Marina Castiglione, mi offre ogni giorno stimoli, idee, opportunità che da insegnante della scuola non avrei potuto cogliere: prendere contatto con i vari atenei italiani ed esteri, partecipare a convegni, pubblicare articoli scientifici, ma soprattutto acquisire un rigore metodologico maggiore rispetto a quanto si possa ottenere con la ricerca autonoma.
-Come si vive l’università, il mondo accademico ai tempi velocissimi di internet in un periodo di grande crisi della scuola e della società?
Rispetto a vent’anni fa, oggi abbiamo strumenti avanzati, che agevolano e velocizzano la registrazione e l’interpretazione di dati. Per esempio, un tempo per studiare tutte le occorrenze di una certa parola nelle opere di un autore bisognava leggere pagina dopo pagina e individuare le occorrenze una per volta, in un lavoro che poteva durare mesi. Oggi basta una semplice ricerca per parola su file e in pochi secondi si ottengono tutti i dati. Gli OPAC avanzati facilitano la ricerca bibliografica, il reperimento di materiali di lavoro è velocissimo e semplice. D’altra parte, osservo un notevole impoverimento delle competenze degli studenti, però questo non è un problema dell’università, ma della società nel suo insieme. E meriterebbe una riflessione pubblica e senza veli.
-Sciascia e la giustizia, le imposture, le inchieste. Com’è accolto lo scrittore di tenace concetto nelle Università?
Sciascia è un autore classico ed è molto studiato. Si continua a leggere per le sue riflessioni politiche e letterarie, ma negli ultimi anni si stanno scoprendo altri aspetti: gli studi di ricezione ne indagano i riflessi sugli autori successivi e le rielaborazioni letterarie, come nel caso di alcuni libri di Camilleri, che risentono dell’impianto generale delle inchieste sciasciane e anche delle tematiche. E poi c’è la linguistica testuale. Per esempio, io mi sto occupando della lingua di Sciascia nelle inchieste degli anni Settanta, una pista finora poco battuta. La linguistica testuale indaga lessico, strutture morfosintattiche, influssi dialettali. Anche la critica letteraria trae giovamento dagli apporti della linguistica.
-L’opera di Giovanni Verga è straordinaria. Lo scrittore è un pilastro fondamentale della nostra letteratura, sono molte le curiosità da scoprire in questo grande personaggio con la passione per la fotografia.
Per la prosa, Verga è senza dubbio l’autore più interessante dell’Ottocento insieme a Manzoni. I suoi testi funzionano benissimo e non risentono del passaggio del tempo. A me interessano in particolare la lingua di Verga e le modalità in cui essa è stata riutilizzata in modo creativo dagli autori successivi. Per esempio, mi sono occupato della ricezione creativa della novella La lupa nel romanzo Il bastardo di Mautàna di Silvana Grasso. Un’analisi ravvicinata – oggi si dice un close reading – dei testi consente di osservare la struttura profonda del testo e di conseguenza di individuare i legami e le riprese.
-È affascinante sapere che stai approfondendo la luce metafisica nel Paradiso di Dante. Puoi spiegare meglio questo interessante lavoro?
La Divina Commedia è un’opera a carattere iniziatico. Il viaggio di Dante è un esempio dell’esperienza di un uomo che compie un percorso spirituale nel quale la dipendenza dalla materialità – descritta nell’Inferno – fa spazio a un progressivo affinamento della consapevolezza razionale – rappresentata da Virgilio – fino alla scoperta del proprio spirito. Nel passaggio dal Purgatorio al Paradiso Dante si accorge di una luce qualitativamente diversa rispetto a quella fisica, che ci giunge dagli astri. Si tratta di una luce metafisica, dunque – nella prospettiva dantesca – divina. Nel mio lavoro, presentato a Palermo nel 2022 in occasione del convegno Lumen Dies organizzato dall’associazione Sofiaputìa, ho passato in rassegna le occorrenze della parola «luce» nella Commedia. L’impegno su Dante continua, perché nello scorso dicembre 2023 ho presentato a Utrecht una relazione sulla ricezione di Inferno VIII nella produzione del rapper Caparezza. Il convegno è stato organizzato dal professor Gandolfo Cascio, presidente dell’Observatory on Dante Studies, che ha sede presso l’Università di Utrecht. Inoltre, ho svolto un lavoro su Dante e la giustizia el’ho presentato già a Palermo, a Castellamare del Golfo e a Polizzi Generosa da aprile a giugno 2024, in un convegno itinerante organizzato dall’Unione avvocatura siciliana.
-Lingua italiana e dialetto siciliano: con il tuo lavoro, quello di Marina Castiglione, del professore Giovanni Ruffino e dell’Università di Palermo è in atto un grande recupero vocaboli, proverbi tradizioni, toponimi orali e documenti. Cosa perdiamo noi siciliani se muore il dialetto?
Il dialetto siciliano non muore, ma – come avviene per tutti i codici linguistici – si trasforma. Ciò che rischiamo di perdere è la memoria di tradizioni, storie, attrezzi che non si usano più. Le parole che indicano situazioni o cose cadute in disuso ovviamente escono dall’uso. Parimenti, entrano nel codice parole nuove, spesso prese in prestito dall’italiano o dall’inglese. Il centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani è in attività da oltre settanta anni e ha all’attivo centinaia di pubblicazioni tra volumi monografici, repertori, dizionari e il Bollettino annuale. I ricercatori che collaborano col Centro di Studi si occupano del dialetto siciliano a tutti i livelli e per tutti gli ambiti della cultura siciliana. L’Atlante Linguistico della Sicilia e il Vocabolario Siciliano sono dei punti di riferimento irrinunciabili per chi voglia studiare e valorizzare il siciliano. La vitalità del centro è testimoniata anche dai nuovi progetti sulla toponomastica (ATOS e DATOS), sulle scritture popolari (ASSP), sui soprannomi etnici (ASES).
-Puoi commentare questa frase: La dittatura ha un linguaggio poverissimo. La letteratura deve far nascere dubbi e domande.
In realtà le dittature hanno un linguaggio molto complesso e ben studiato. La lingua del potere non è mai improvvisata e va presa sul serio, studiata, analizzata. In questo abbiamo anche illustri esempi,da Manzoni–chi non ricorda il “latinorum” di don Abbondio o le grida del dottor Azzecca garbugli? – a Pasolini con la sua “lingua del non dire”, a Sciascia con le sue valutazioni linguistiche presenti nelle pagine dedicate al caso Moro. La letteratura ci aiuta a capire, perché fa nascere dubbi e domande, ma soprattutto ci inquieta mostrando aspetti della realtà non sempre edificanti.
-Hai pubblicato il libro “DATOS Grotte e Racalmuto”. Di cosa si tratta?
È il primo volume della collana DATOS (dizionario atlante dei toponimi orali in Sicilia),inaugurata nel 2023 con i dati raccolti a Grotte e Racalmuto. Un grande progetto editoriale del Centro di Studi, promosso e diretto da Marina Castiglione. Si prevede una mappatura completa dei toponimi popolari – soprattutto quelli extraurbani – di tutti i comuni della Sicilia. Ciascun volumetto sarà dedicato a uno o più comuni. Dopo il mio repertorio su Grotte e Racalmuto, è già uscito lo scorso giugno 2024 il volume di Beatrice Nicastro dedicato a Campofranco e Sutera, del quale ho curato gli aspetti redazionali ed editoriali, sono già in corso di stampa un volume di Mario Chichi dedicato a Geraci Siculo e un altro mio volume, che ho scritto insieme a Federica Giardina, dedicato a Canicattì e Castrofilippo.Ciascun libro contiene una panoramica complessiva dei toponimi del territorio, un repertorio di schede toponimiche corredate da etnotesti e alcune mappe ripiegate.
-Qual è il potere della letteratura?
La letteratura è un portale per accedere a un mondo parallelo nel quale si muovono gli universali della nostra limitata realtà. Se varchiamo questo portale, possiamo cercare e talvolta trovare le chiavi di senso di ciò che ci circonda.
-Sei stato definito uno scrittore raffinato, uno che è dentro la letteratura e la cultura. Cosa ci dobbiamo aspettare nel futuro oltre al tuo prestigioso lavoro con l’Università?
Queste definizioni spesso sono attestazioni di affetto, per cui non vanno prese alla lettera. Io spero di continuare a studiare e lavorare ancora come in questi ultimi anni di intensa attività. Nel futuro a breve termine, è prevista la pubblicazione di un nuovo volumetto DATOS dedicato a Canicattì e Castrofilippo, poi si vedrà. Mi dedicherò a Sciascia per completare il mio dottorato e a fine anno tornerò dai miei studenti liceali.
Biografia
Angelo Campanella è dottorando in Studi Umanistici presso l’Università degli Studi di Palermo. Ha condotto rilevamenti e attività di ricerca sulla toponomastica di un’area significativa a cavallo delle province di Agrigento e Caltanissetta. Tali ricerche sono confluite nel volume Toponimi agrigentino-nisseni tra cartografia e tradizione orale (ed. dell’Orso 2015). Collabora al progetto DATOS (Dizionario – atlante dei toponimi orali in Sicilia) presso il CSFLS di Palermo, nell’ambito del quale ha pubblicato la monografia DATOS Grotte e Racalmuto (ed. CSFLS 2023) e ha in corso di stampa DATOS Canicattì e Castrofilippo, scritto con Federica Giardina. Si occupa anche di linguistica testuale, in particolare ha in corso uno studio delle inchieste di Leonardo Sciascia da una prospettiva linguistica e retorica. Oltre a vari articoli scientifici, ha pubblicato il saggio Raccontare Sciascia (ed. Navarra 2021), scritto con Giuseppe Maurizio Piscopo, ed è autore di libri di testo per la scuola secondaria. Inoltre, nel 2012 ha scoperto, trascritto e pubblicato le poesie giovanili inedite dell’autore ottocentesco Nicolò Tinebra Martorana e nel 2014 ha ricevuto il Premio Speciale Narrativa nell’ambito del Premio Arte e Cultura Siciliana “Ignazio Buttitta” XVI edizione per il libro Come gabbiani sull’acqua. Lampedusa tra due mondi (ed. Estero 2014).