Elio appartiene ad una generazione, quella del Sessantotto in cui la politica aveva un ruolo totalizzante che non lasciava spazio ad altri interessi se non quelli funzionali all’impegno politico. Sono molti i fatti particolari della vita politica di Elio Sanfilippo che non ha mai raccontato, ma per non raccontarli, ma per ragioni di opportunità. Ma sono rimaste alcune sue piccole “trasgressioni” come ogni tanto con il bel tempo dedicarsi alla pesca da scoglio, la raccolta delle campane che tutti i suoi amici e amiche conoscendo questa sua passione gli portano al ritorno dei loro viaggi, ed è rimasto un fedele lettore di Tex Willer. Egli crede che ognuno di noi rispetto alla propria esperienza avrebbe qualcosa da correggere, altrimenti avremmo raggiunto la perfezione che non è una prerogativa dell’umano. Il problema è stabilire se queste correzioni riguardano fatti marginali o fondamentali, ma in ogni caso ormai il dato è tratto e non servono recriminazioni o rimpianti perchè anche gli errori sono parte integrante della vita di ognuno, importante è valorizzare i fatti positivi rispetto a quelli negativi.
-Il partito è cambiato? Ha cambiato nome ed ha perso i militanti?
Il cambiamento del nome e l’unificazione tra i Democratici di sinistra e il partito dellaMargherita, eredi delle tradizioni comunista e della sinistra democristiana, in realtà è stata la sommatoria di due sigle, una fusione a freddo come la definì Emanuele Macaluso, che aveva prodotto una aggregazione politica priva di una identità sociale non in grado neanche di valorizzare la parte feconda del proprio retroterra storico e culturale. Al nome nuovo doveva accompagnarsi l’elaborazione di un nuovo pensiero politico e l’individuazione di nuovi riferimenti sociali di fronte ai cambiamenti profondi che avevano investito l’economia e le classi sociali.
-Che fine ha fatto la classe operaia?
Per il PCI l’identità di classe era abbastanza semplice per la sua generale omogeneità e funzione sociale. La classe operaia era il riferimento sociale attorno cui costruire un sistema di alleanze con altri ceti, il famoso blocco sociale. Oggi è cambiato tutto, il lavoro non è più quello di una volta che durava tutta una vita fino alla pensione, vi è una maggiore parcellizzazione, mobilità e anche flessibilità. La deterritorializzazione dell’economia ha provocato uno sradicamento dei tradizionali rapporti storici tra produzione e comunità, tra economia e società, tra politica e forze sociali. Non a caso gli operai votano ormai in maggioranza Lega o Meloni e prima Forza Italia.Oggi con la globalizzazione dei mercati, lo sviluppo delle tecnologie l’impresa connette segmenti di produzione e sapere tecnologici, reti di commercializzazione dislocati in punti geografici diversi. Un processo che ha operato una netta cesura tra potere economico, sradicato dal territorio e quello politico, associato alle comunità locali.Di fronte a questi mutamenti epocali come si costruisce una nuova identità sociale e culturale, come si costruisce un nuovo partito del lavoro? Questa è la vera sfida di una nuova sinistra poiché come si è visto non è sufficiente dichiararsi genericamente democratici e difensori dei diritti.
-Quale futuro per le nostre nuove generazioni? Prima l’emigrazione era con le valigie di cartone, gli emigranti andavano a Milano, Torino, oggi si parte con i trolley. I ragazzi partono per le grandi università del nord e vanno ad arricchire altri paesi del mondo e probabilmente molti non ritorneranno più in Sicilia.
È il dramma sociale del nostro tempo. Una disoccupazione al Sud prossima al 50% e nel frattempo un silenzioso esodo di massa. I giovani fuggono appena ottenuto il diploma o la laurea, lasciano la propria città, la propria terra, i propri affetti. E chi parte non sono solo i più talentuosi, come si pensa, ma chi ha le possibilità economiche. Questo è il problema prioritario e drammatico della Sicilia, come arrestare questa emigrazione, arrestare il declino, e il suo impoverimento non solo economico. Occorrerebbe un grande Piano per il Lavoro concentrando su questo obbiettivo tutte le risorse disponibili e non frammentarli in mille rivoli inutili e clientelari come si continua a fare con le risorse del PNNR, adottando anche strumenti straordinari, un Piano sostenuto dalla sinergia tra istituzioni, forze sociali, università. Il problema è se abbiamo una classe dirigente adeguata a questo compito.
-La mafia senza onore è il titolo di un tuo libro scritto con Maurizio Scaglione. Ne vuoi parlare?
Il libro si propone un duplice obbiettivo: da un lato smascherare una volta per tutte il vecchio luogo comune che sia esistita una mafia cattiva e una mafia buona che non “toccava” le donne e i bambini e che aveva un senso dell’onore. Un concetto questo diffuso non solo tra i ceti popolari ma teorizzato anche da eminenti personalità come il Pitrè e vittorio Emanuele Orlando e più recentemente ribadito da Tommaso Buscetta, nelle dichiarazioni al giudice Giovanni Falcone e in una intervista a Enzo Biagi. Il libro è quindi un lungo viaggio attraverso gli orrori perpetrati da Cosa Nostra verso donne e bambini innocenti, vittime in gran parte dimenticate. Al tempo stesso, il libro si propone di stimolare un nuovo impegno antimafia dal momento che si avverte un calo di tensione dovuto forse ai grandi risultati ottenuti dalla magistratura dalle forze dell’ordine, qualcuno pensa erroneamente che la mafia non spara più, che l’ala stragista è stata sconfitta, i capi sono morti o in galera, ormai è un fenomeno essenzialmente criminale di cui occuparsi magistrati e forze dell’ordine. Nel frattempo la mafia si sta riorganizzando alla luce dei colpi subiti dallo Stato, torna a insinuarsi nelle pieghe della società, in particolare in quella più indifesa e al tempo stesso investe gli enormi profitti del traffico di droga inquinando l’economia legale, per cui occorrono meno Killer e più professionisti dando vita a una nuova forma di borghesia mafiosa.
Di mafia e politica ha parlato ampiamente Michele Pantaleone. Cosa è cambiato rispetto al passato?
Non ne ha parlato solo Michele Pantaleone. Il primo che fece conoscere alla Sicilia e al paese la vera natura della mafia e il pericolo che rappresentava per la democrazia fu Girolamo Li Causi. Come ha scritto Francesco Renda, “prima di Li Causi per quanto concerne il movimento antimafia era la preistoria, con Li Causi comincia la storia”. Penso, che sia cambiato molto. È cambiata la mafia,è cambiata la politica. Penso, che la storia degli ultimi anni, il sacrificio di tanti servitori dello Stato, nella magistratura e nelle forze dell’ordine, ma anche nella politica e tra imprenditori e professionisti abbiano segnato un cambiamento rispetto al passato e ai collegamenti organici tra politica e mafia. Vi è da riflette su un dato che mentre prima era la mafia che cercava il politico per chiedere favori, oggi sono i politici, come emerge dalle recenti indagini, che vanno a cercare il mafioso per chiedere appoggio e sostegno elettorale. L’impressione però è che siamo di fronte a piccole minoranze, almeno questo è l’auspicio.
Quali sono gli errori che hanno fatto i dirigenti del partito?Perché i partiti sono così lontani dalla gente?
Il crollo dell’impero sovietico richiedeva la costruzione di un nuovo ordine internazionale. Al contrario, quello storico avvenimento invece di sollecitare una espansione della democrazia nel mondo ha creato nuovi regimi autoritari, le democrazie nel mondo ci dicono che sono una minoranza. Alla guerra fredda, che in ogni caso aveva assicurato un lungo periodo di pace, si è sostituita una guerra “calda” addirittura nel cuore dell’Europa i cui esiti sono imprevedibili. In Italia dopo il crollo della cosiddetta “prima repubblica” non si è realizzata quella riforma del sistema politico in grado di favorire la semplificazione, che scoraggiasse la frammentazione e soprattutto stimolasse la partecipazione democratica dei cittadini. È venuto meno un quadro di riferimento democratico che ha favorito una regressione anche sul terreno civile, culturale e sociale e perfino fenomeni di imbarbarimento Questa regressione è avvenuta anche sul terreno politico e democratico con una involuzione dei partiti, ridotti ormai ad oligarchie che riproducono sé stesse e si adagiano sulla gestione dell’esistente sia quando sono al governo sia all’opposizione. Sono venuti meno così i luoghi di aggregazione, di riferimento dove la gente partecipava e cercava la soluzione ai problemi, sorretta da valori forti e di partecipazione. Tutto questo sostituito dai sondaggi, dai social e da talk show perfino volgari, la politica come intrattenimento, come spettacolo. A questo punto non serve più la militanza e il seguire la politica in cui si stava insieme agli altri in un comune sentirsi partecipi di una comunità, ormai è un lontano ricordo. Ma cosa ancora più grave è stato sottratto all’elettore il diritto di scegliere il proprio rappresentante, chiamato solo a votare un candidato deciso dalle segreterie dei partiti, in base ad una famigerata legge elettorale che non a caso nessun partito assume l’iniziativa di cambiarla. Ecco perché la maggioranza delle persone non va più a votare e gli eletti decisi dai partiti sono votati da una minoranza della minoranza.Non gridiamo e non pensiamo che il fascismo è alle porte ma il restringimento degli spazi democratici è reale.
-Chi salverà il mondo la bellezza, la letteratura, la musica, il cinema, i bambini?
Tutte le attività umane concorrono a migliorare il mondo, ma la guida dei processi di cambiamento rimane sempre la Politica, quella appunto con la P maiuscola, un’arte nobile che ha lo scopo di occuparsi del bene comune. Oggi la politica viene meno a questo obbiettivo ed imbocca le forme degenerative del piccolo cabotaggio, della ricerca dell’interesse personale e perfino si riduce a intrigo, malaffare.Ecco perché la politica ha bisogno di recuperare credibilità agli occhi dei cittadini, che la sentono sempre più estranea e perfino ostile ai propri interessi. Nel dopoguerra il paese era circondato da fame, miseria, rovine e distruzioni. Sembrava impossibile risollevarsi ma il paese si è ripreso grazie ai grandi partiti di massa, alla politica che produceva speranza, fiducia voglia di riscatto. Ecco perché è necessario una riforma della politica e dei partiti che devono recuperare la loro funzione di essere portatori di valori e come allora di un progetto, di una idea di futuro che possa coinvolgere e appassionare le nuove generazioni, altrimenti il declino sarà irreversibile.
-Che cosa hanno rappresentato per te Leonardo Sciascia, Pier Paolo Pasolini e Danilo Dolci per lo sviluppo della Sicilia?
Non è retorica affermare che si sente la mancanza di queste tre grandi personalità del Novecento, che il paese senza di loro si è impoverito culturalmente e spiritualmente. Sono stati la coscienza critica dell’Italia. Entrambi combattevano le ingiustizie, l’arbitrio e ogni forma di prevaricazione e oppressione.Su questo terreno incontrarono il partito comunista con cui stabilirono rapporti fecondi, ma sempre dialettici, segnati da dure polemiche, quando essi ritenevano che il partito venisse meno alla sua funzione storica di soggetto di cambiamento e indulgeva a compromessi.
Pasolini fu un profeta, anticipò i tempi e guardò lontano e anche per questo era spesso incompreso e osteggiato. Nelle Lettere Luterane scrisse: “che il dovere degli intellettuali sarebbe quello di rintuzzare tutte le menzogne che attraverso la stampa e soprattutto la televisione inondano e soffocano il corpo inerte che è l’Italia”. Quanta attualità! Con Danilo Dolci ho avuto rapporti limitati a una serie di incontri avuti nel partinicese quando si discuteva come organizzare la battaglia per la costruzione della Diga dello Jato. Era una persona di grande umanità, le cui parole ti incantavano e parlavano al cuore della gente. In lui laicismo e religiosità si fondevano in un profondo rispetto per la dignità umana e nella difesa delle persone più deboli e bisognose diffondendo sempre uno spirito di pace e fratellanza. Sono onorato di essere stato chiamato a fare parte del comitato scientifico a supporto del comitato presieduto dalla figlia Daniela per ricordarne la figura il prossimo anno che ricorre il centenario della nascita e restituire a Danilo Dolci il giusto posto che gli spetta nella storia della Sicilia. Con Leonardo Sciascia ho avuto il privilegio di sedere nello stesso banco del consiglio comunale di Palermo essendo stati eletti nella lista del PCI nelle elezioni del 15 giugno del 1975. Una esperienza nuova per lui che entrava per la prima volta in una istituzione paragonandosi ad Andrea Gide, lo scrittore francese che si fece giudice per conoscere il funzionamento della giustizia e cosi accettò la candidatura da indipendente nella lista del PCI, per vedere dal di dentro come funzionava il “Palazzo”, secondo una definizione di Pasolini. Un compito che svolse con scrupolo e meticolosità, fino alla decisione di dimettersi polemicamente, occupandosi di problemi concreti come l’acqua, il problema della casa, la pulizia della città e per portare avanti il programma del “Buon Governo” che aveva promesso agli elettori. Ricordo che alla fine di una lunga battaglia in consiglio comunale, insieme ai consiglieri Leopoldo Ceraulo e Gabriella Alù, eravamo i consiglieri più giovani gli chiesi cosa ne pensasse di noi giovani dirigenti del PCI. La risposta fu: “siete bravi, preparati, competenti, soprattutto onesti, ma avete un difetto”. Quale professore? “Siete troppo conformisti”.
-Riusciremo un giorno a conoscere i misteri che avvolgono Palermo?
Palermo rimarrà sempre la città dei misteri, scopriremo qualche brandello di verità, la verità completa sarà difficile scoprirla. La storia ci insegna che è molto complessa ma noi non demorderemo.
Biografia:
Elio Sanfilippo è nato a Licata nel 1949. Ha svolto fin da giovane un’intensa attività politica. E’ stato segretario della federazione del PCI di Palermo nel 1981, quando Pio La Torre era segretario regionale. Componente del comitato centrale fino al suo scioglimento. E’ stato presidente della Lega coop Sicilia e vicepresidente nazionale con delega ai problemi del Mezzogiorno. Ha tenuto cicli di lezioni nelle università di Messina e Palermo. Tra le più recenti pubblicazioni, tutte per i tipi di ISPE: Perché è stato ucciso Pio La Torre? ( con N. Caleca 2014), Mafia e coop rosse, Misteri intrighi e depistaggi Con N. Caleca 2014) e Michele Sala Storia di un rivoluzionario di Altofonte (2021).