Ritratti: scrittori del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Agnese La Bella

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Agnese La Bella ha 16 anni ed ha scritto il suo primo libro dal titolo: “ Nel profondo dell’anima”. La giovane scrittrice molto attiva, di cui sentiremo parlare nei prossimi anni, in ogni libro vuole trovare se stessa. Mi ha colpito molto il fatto che una ragazza così giovane per allontanare il difficile momento della pandemia, chiusa come reclusa tra le mura di casa abbia scritto un romanzo storico sulla Sicilia liberata dai mille. Le sue risposte sono rigorose e spiazzanti…

“L’idea di scrivere questo libro, -scrive Agnese- è stata la conseguenza della nostra forzata reclusione durante il periodo pandemico. Sentivo il desiderio di abbattere le pareti di quella maledetta stanza, di uscire fuori in qualche modo, di vedere e di sentire altro, che non fossero pareti bianche e il fastidioso suono della televisione quando c’era il telegiornale. Sentivo l’esigenza di esprimere ciò che sentivo e da qui nasce il romanzo”. Ma andiamo a conoscere Agnese da vicino.

-Quando nasce la passione per la scrittura?

Io scrivo davvero fin da quando sono piccola. A nove anni ho cominciato a scrivere la mia prima storia, che non ho mai finito in realtà. Ricordo che amavo immaginare storie fantastiche e d’avventura.

-Che bambina è stata Agnese?

Sicuramente sono stata una bambina molto fantasiosa, soprattutto nei giochi che facevo…Mi piaceva inventare storie attraverso i miei giocattoli, che diventavano dei veri e propri personaggi, ognuno con dei sentimenti. Ho costruito da sola in casa delle bambole partendo da una cassetta di legno, di quelle che usano i fruttivendoli per mettere la frutta, (nel mio caso i pomodori), e quella è diventata il principale palcoscenico delle mie storie. Mi nascondevo dietro una tenda, (la casetta era sotto la finestra) e cominciavo a parlare. Poi, quando uscivo da dietro quella tenda, la mia stanza diventava il resto del mio mondo fantasioso…

-Qual è il primo libro che hai letto e qual è la prima cosa che hai scritto?

Il primo libro che ho letto con i miei occhi e non con quelli della mia mamma, è stato un piccolo libricino che si intitola “Il mistero della buccia d’arancia”, che racconta, attraverso un piccolo mistero da risolvere, il tragico evento della Shoah. Mi hanno sempre intrigato i titoli misteriosi e ambigui. E il fatto che dietro un’insignificante buccia d’arancia si potesse celare un mistero mi incuriosì tantissimo. La prima storiella che ho scritto, invece, quella che non ho mai completato, narrava di una bambina che un giorno, mentre passeggiava sulla spiaggia, trovò una sorta di mattonella con uno strano disegno sopra, incompleto però. Sembrava trattarsi di un pezzo di un puzzle… Così la bambina rivelò la sua scoperta al nonno che, come scoprì, conservava un segreto, forse connesso a quella strana mattonella. Insieme cominciarono un viaggio fantastico, che li portò molto lontano…

-Chi si è accorto del tuo talento?

A dir la verità, sono stata io a farlo conoscere, dapprima ai miei genitori, poi al resto della famiglia e oggi un pò a tutti quelli che conosco. Ma, ad essere sincera, dubito che qualcuno credesse davvero in questo mio talento. Solo con la pubblicazione di questo mio primo libro, le persone che mi stanno accanto hanno capito che facevo sul serio e che davvero ho messo tutta me stessa in quelle pagine che per anni ho scritto e riscritto.

-Per quanto tempo il romanzo è rimasto chiuso in un cassetto?

Ho impiegato ben due anni per scrivere questo romanzo, che ha visto due diverse stesure. Finita la prima, ero convinta che forse non valeva la pena spedirlo a qualche casa editrice. Alla seconda stesura però, che aveva visto una maturazione sia della storia che del mio modo di scrivere, ho pensato che forse dovevo provare e far decidere ad altri se davvero avevo scritto stupidaggini o cose che valesse la pena leggere. Così, dopo averlo finito, per qualche mese è effettivamente rimasto chiuso in cassetto, ma alla prima occasione l’ho mandato e oggi si trova negli scaffali delle librerie.

-E’ vero che sei stata scelta in un concorso per scrittori emergenti?

Sì. Una mia cara zia, che era a conoscenza del fatto che stavo scrivendo un romanzo, un giorno mi ha inviato un link che permetteva di accedere ad un sito di una casa editrice, la Albatros, attraverso il quale poter partecipare ad una selezione su scala nazionale di testi di narrativa e non solo.

-Nella prefazione di Barbara Alberti c’è una domanda intrigante: quanti amici può avere una persona?

Le persone che definiamo amici sono tante, ma gli amici, lo sto imparando col tempo, sono davvero pochi.

-Tu hai molti amici?

Non credo di aver molti amici, ma ho molte persone che mi vogliono bene, che mi stanno vicino e mi sostengono.

-Un libro non tradisce e non abbandona è veramente la traduzione di un sogno?

Un libro è per sempre. È eterno. Non cambia mai, e se cambia, è perché cambi tu, cambiano i tuoi occhi, il modo in cui lo leggi. Ma lui rimane comunque ciò che è, standoti sempre accanto, nel bene e nel male. Dei libri ci si può sempre fidare. Eh sì, forse potrebbe essere la traduzione di un sogno, ma i sogni sono belli e veri quando si condividono. E a volte i libri diventano specchio solo di noi stessi. Un libro ci deve educare e guidare nella realizzazione dei nostri sogni e nella concretizzazione di essi.

-Qual è il potere di libro?

Credo che l’aspetto affascinante di un libro sia la sua capacità di far entrare il lettore in altre realtà, di farlo viaggiare e di portarlo lontano. Ma a rendere tutto questo ancor più bello è il sapere che quando si torna da questo viaggio, si guarda la realtà con occhi diversi, se si è saputo andare lontano. Perché in fondo a ogni libro ci sei sempre tu, e a volte un libro ti aiuta a raggiungerti anche nel profondo, attraverso i suoi personaggi. E ritrovando te stesso, vivi a pieno la tua realtà, la tua vita.

– Quale testo hai letto a Natale?

A dir la verità, per queste vacanze natalizie sto leggendo un libro che la professoressa ci ha detto di leggere, sulla mafia, perché avremo un incontro con l’autore a rientro. Vedremo se riuscirò a trovare me stessa anche in questo libro…

-Colpisce molto il fatto che una ragazza di sedici anni possa scrivere un romanzo storico sulla Sicilia liberata dai mille. Quando ti è venuta l’idea di questo libro, a chi l’hai fatto leggere per primo?

L’idea di scrivere questo libro è stata la conseguenza della nostra forzata reclusione durante il periodo pandemico. Sentivo il desiderio di abbattere le pareti di quella maledetta stanza, di uscire fuori in qualche modo, di vedere e di sentire altro, che non fossero pareti bianche e il fastidioso suono della televisione quando c’era il telegiornale. Sentivo l’esigenza di esprimere ciò che sentivo e da qui nasce il romanzo. La prima persona che l’ha letto è stata mia madre.

-A chi si rivolge “Nel profondo di un’anima”, qual è il messaggio per il lettore?

“Nel profondo di un’anima” è rivolto a chi ha il coraggio di fare i conti con sé stesso, con la propria vita, con la propria anima. Più che un messaggio, vorrei rivolgere un augurio al lettore, l’augurio di riuscire, come uno dei protagonisti, a specchiarsi in questo libro, entrarvi e uscirne con la propria anima tra le mani.

-Il tuo romanzo è ambientato nel 1865 in Sicilia e si configura come un romanzo psicologico e d’amore a sfondo storico.Quanto ha influito nella tua scrittura il capolavoro del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa?

Ho cominciato a leggere il Gattopardo proprio a tredici anni, quando ho cominciato a scrivere il mio libro. Confesso di non essere mai riuscita a finirlo, perché mi risultò una lettura un pò pesante e complicata. Ho visto anche il film di Luchino Visconti, anch’esso un capolavoro. Ho “preso in prestito”, per così dire, molti elementi da questa storia, soprattutto per descrivere l’ambiente nobiliare, con i suoi valori, le sue contraddizioni e i suoi pregiudizi, l’emergere della classe borghese, ispirandomi alla storia di Don Calogero Sedara o ancora lo spirito intraprendente di Tancredi, che ho incarnato in diversi personaggi, soprattutto nel protagonista Lorenzo. E così, molti altri elementi…

Che cosa rappresenta il Risorgimento per te?

Il Risorgimento è sempre stato il periodo storico che più mi ha affascinato perché non si tratta di una delle solite guerre di conquista territoriale, ad esempio, ma di una lotta nata dal desiderio profondo di libertà. È stata una guerra che ha visto coinvolti tanti uomini e donne che davvero hanno sacrificato tutto per questo. Dal punto di vista umano, è molto significativo questo evento storico di cui oggi siamo il risultato. E forse su questo dovremmo riflettere, avere la consapevolezza che l’Italia non nasce come un fungo, secondo motivo per il quale il Risorgimento mi sta a cuore, perché coinvolge la mia dimensione di cittadina italiana e siciliana.

-Lorenzo e Agnese i protagonisti del tuo romanzo sono figli della borghesia palermitana…

A dir la verità, Lorenzo appartiene ad una nobile ed antica famiglia palermitana, mentre Agnese ad una famiglia borghese, che ha visto la sua ascesa sociale proprio durante il Risorgimento, che favorì lo sviluppo di questa classe.

-Nella tua scrittura c’è una minuziosa attenzione per i dettagli, per il vestiario, per la tavola per l’uso delle parole. Da chi hai imparato queste cose?

Sinceramente, non lo so! Penso sia dovuto al mio immaginare le storie proprio come se fosse la sceneggiatura di un film. Descrivo ciò che vedo.

-Chi dei tuoi genitori ti segue maggiormente?

In generale, sento molto forte la presenza di entrambi nella mia vita. Anche in quella dei romanzi che scrivo. Mi piace tanto raccontare loro le mie storie e, parte che più mi diverte, tempestarli di domande. Domande su qualsiasi cosa mi venga in mente in qualsiasi momento. Spesso, me ne rendo conto, pretendo troppo, ma è un modo per confrontarmi, per capire. Sono sempre state storie, le mie, condivise in famiglia.

-Gli uomini sono in un grosso corto circuito con le donne di oggi, non le capiscono più… Cosa sta succedendo?

Per quello che spesso sento in giro, oggi come oggi il rapporto tra l’uomo e la donna alle volte presenta delle contraddizioni, incomprensioni, a volte frutto di ignoranza o di una mentalità che dovrebbe essere superata. Ci sono uomini che si fanno vincere da queste, altri che sanno vedere nella donna un essere umano per niente inferiore a loro, ma con dei sentimenti e dei pensieri, con le proprie esperienze. Nel mio romanzo, sono presentate entrambe le due tipologie. In particolare, è il protagonista a mio avviso che incarna la seconda. Un uomo che prima di amare, comprende il valore della donna che ama.

-Cosa salverà il mondo la bellezza, la letteratura, il cinema o la musica?

Secondo me la bellezza, di cui l’arte, come il cinema, la musica, la letteratura e tutte le altre sue forme, è portatrice o dovrebbe esserlo. E per bellezza io intendo tutto ciò che è il “Bene” e per il bene della nostra anima.

-La vita di una scrittrice è fatta di sacrifici enormi, viaggi, aerei, ristoranti, vestiti, parrucchieri, trucco parrucco, fotografi, conferenze stampa. Cosa ti aspetti nel futuro e cosa pensi sia il successo? Rimarrai sempre te stessa?

Penso che scrivere per sé stessi sia proprio egoistico. Se si ha un dono, è un dovere condividerlo, ma solo al fine di fare del bene agli altri, senza averne la pretesa chiaramente. Questo è ciò che mi ha spinto a pubblicare il mio primo romanzo. Se questo mi portasse successo, questa sarebbe un’occasione che sfrutterei solo per fare ancora di più del bene, diffondendo bellezza, potendo arrivare a più persone. Io cercherò di rimanere sempre ciò che sono, di non perdere mai l’orientamento che ho deciso per la mia bussola. In questo penso mi aiuteranno i miei personaggi, le ancore della mia anima, che non la lasceranno andare alla deriva, almeno spero.

-Un grande scrittore sostiene che la vita è fatta per rimanere in un libro…Cosa ne pensi?

Io direi che un libro è fatto per rimanere nella vita.

Biografia

Agnese La Bella è nata a Palermo nel 2006. Attualmente frequenta il terzo anno del liceo classico Don Bosco Ranchibile di Palermo. La sua passione per la scrittura, coltivata fin da piccola, la porta quest’anno a pubblicare il suo primo romanzo, Nel profondo di un’anima.