Nella giornata del 19 settembre, il comune di Santo Stefano Quisquina ha voluto ricordare Francesco Maniscalco, vittima innocente di mafia, nel 31° anniversario del suo assassinio.
Francesco Maniscalco nasce a Santo Stefano Quisquina il 5 dicembre 1954, da Antonino Maniscalco e Filippa D’Angelo. Dopo aver conseguito la licenza elementare, ancora ragazzino, comincia a lavorare come manovale. Siamo ai primi anni Sessanta e Francesco inizia a costruire la propria vita indipendente con un duro lavoro di operaio nell’impresa edile di Pietro Castellano. Ancora giovanissimo, a 21 anni, il 12 dicembre 1975, sposa Giuseppa Maniscalco, con la quale avrà due figli: Antonino e Silvana.
Nel 1986 inizia a lavorare nella ditta dei fratelli Panepinto, imprenditori di Bivona, titolari di una cava di inerti e di un impianto di calcestruzzo, nella quale lavorerà per otto anni fino a quell’orribile 19 settembre 1994, giorno in cui cadrà vittima innocente di un vile agguato mafioso, seguendo il destino dei suoi datori di lavoro.
Dopo un primo agguato, la cava rimase chiusa per quattro mesi e gli operai erano tornati a casa. Ma passata l’estate, a settembre, Calogero Panepinto decise di ricominciare. La mattina del 19 settembre era la seconda giornata di lavoro. Era arrivato davanti ai cancelli della fabbrica in macchina con il figlio Davide, di 17 anni, e con l’operaio Francesco Maniscalco di 42 anni. Avevano appena aperto gli sportelli della vettura quando sentirono arrivare il rombo di un’auto che si accostava in gran fretta. Si aprirono le portiere e scesero in tre, non salutarono neppure: parlarono con le pistole e i fucili, una pioggia di proiettili che non lasciò scampo. Il sangue tornò a scorrere dentro la cava, il titolare e il suo operaio caddero insieme. Francesco Maniscalco morì perché aveva visto troppo e la mafia non lascia mai testimoni.
L’aula consiliare del comune è intitolata a Francesco Maniscalco e il suo sacrificio non è stato vano, ma lascia alla storia un tangibile esempio di vittima innocente e una significativa testimonianza della lotta alla mafia, che da troppo tempo avvilisce la nostra preziosa, quanto martoriata, terra.
Alessandro Mistretta