Antonino Ferraro, riberese, è uno dei tre responsabili del direttivo del partito “Azione” che fa capo a Calenda. Ci ha inviato un documento nel quale parla della lentezza della sanità agrigentina che va a danno dell’utenza. Questo il documento.
“In un contesto di grande incertezza su quella che dovrebbe essere o meno la gestione del servizio sanitario pubblico, è estremamente frustrante per qualsiasi individuo trovarsi di fronte all’ostacolo delle lunghe liste d’attesa. Molte criticità discendono da quel processo di aziendalizzazione del sistema sanitario avviato negli anni 90’ in Italia che, in un’ottica di contenimento della spesa, hanno fatto avanzare il mercato privato rispetto al pubblico e le singole regioni rispetto allo Stato. Questo fattore ha conseguentemente condotto, soprattutto le regioni con maggiori difficoltà economiche, ad una diminuita capacità di coperture economiche dei livelli essenziali di assistenza e alla crescita delle differenze tra modelli regionali con negative ricadute sul cittadino comune in termini di compartecipazione alle relative spese.
Come se questo non bastasse, l’introduzione di criteri, metodi e tecniche di gestioni manageriali all’interno del servizio sanitario pubblico finalizzate alla razionalizzazione economica dei servizi, ha prodotto un sistema che finisce per penalizzare gli stessi cittadini poiché valuta solo i costi di esercizio e il rapporto input/output in termini di efficienza economica, non rilevando al contempo l’efficacia e l’impatto delle politiche sanitarie sulla popolazione.
In sostanza, l’aziendalizzazione ha generato solo ed esclusivamente obiettivi economici dimenticando la dimensione umana del sistema e il diritto alla salute come bene comune inalienabile. La garanzia del diritto alla salute non può essere affidata solo a criteri di utilità economica e dinamiche di mercato perché, in quel caso, rischierebbe di collidere con i principi di universalità, uguaglianza e giustizia sociale, riconosciuti peraltro dalla nostra Costituzione.
Il paradosso del processo di aziendalizzazione in Sanità sta dunque nel fatto che invece di rendere il sistema più efficiente lo ha reso sempre meno competitivo rispetto al privato. Diventano sempre più lunghi i tempi di attesa per effettuare visite mediche nella sanità pubblica a fronte di un’offerta privata ben più rapida e costi sempre meno distanti tra pubblico e privato.
Volendo fare un esempio pratico, basterebbe prendere il caso del servizio di endoscopia offerto all’azienda provinciale di Agrigento dove, in tutti i presidi ospedalieri che offrono questo servizio, il malcapitato che ha necessità di un controllo (poiché suggerito dal proprio medico) o di uno screening preventivo (tanto pubblicizzato nelle campagne informative dell’azienda) è costretto di fatto a rivolgersi al privato poiché i tempi di attesa sono diventati biblici in entrambe le liste di attesa (quella breve e quella programmabile) le quali, ad oggi, riescono ad offrire spazi solo negli anni a venire ed i pazienti che necessitano di una visita sono costretti a rivolgersi alle strutture private per avere garantiti tempi celeri o, nella peggiore delle ipotesi, rinunciano ritenendo in caso di non urgenza di poter fare a meno della prestazione suggerite dal medico pur di non sottoporsi alla “lotteria” delle prenotazioni. Tutto questo, certamente, invalida buona parte delle politiche a favore della prevenzione.
Per evitare tutto ciò, l’amministrazione dell’azienda sanitaria dovrebbe semplicemente limitarsi ad attivare lo straordinario o le prestazioni aggiuntive e dotare i reparti di endoscopia di ulteriori figure di specializzandi o specializzati che, in aiuto al personale medico già presente, provvedano a smaltire le lunghissime liste di attesa.
Ad oggi non si riesce a capire il perché non siano stati applicati questi piccoli ma importanti correttivi che di fatto andrebbero a risolvere una problematica di grande rilievo per l’utenza.
C’è anche da dire che oggi il privato sa ben scegliere quali servizi offrire alla propria utenza.
Nel campo dell’endoscopia, ad esempio, visti gli alti rischi e le alte probabilità di corrispondere risarcimento danni nei casi di malasanità, preferisce limitarsi alle visite diagnostiche per poi rinviare al servizio pubblico eventuali interventi ed ulteriori prestazioni sanitarie invasive.
Questo può chiaramente essere comprensibile per l’imprenditore che lavora soprattutto in funzione dei bilanci e della legge del mercato (la parola “privato” vuol dire anche questo) ma di certo crea problematiche al cittadino che, in seguito, va a scontrarsi con le lunghissime liste di attesa del settore pubblico.
Pertanto, ci si chiede se effettivamente ci sia stato un vero beneficio per l’utenza, da questo “miracolo italiano” quale è stato il processo di aziendalizzazione della sanità che, per logiche non comprensibili, non ha permesso di applicare soluzioni aziendali volte a sbloccare le lunghissime liste di attesa nel pubblico”.
Antonino Ferraro “Azione”