“La Ribera che vale”: il Prof. Filippo Alongi e il recente sistema di radiochirurgia dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar

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Protagonista di questa settimana è il Prof. Filippo Alongi che dal 2014, quando aveva 37 anni, dirige l’Unità Operativa Complessa di Radioterapia Oncologica all’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, a Verona e dal 2017 insegna anche come professore associato all’Università di Brescia, nella Facoltà di Medicina.
Nato a Trieste da madre riberese e papà di Menfi, si è trasferito a Ribera all’età di 11 anni. Diplomato al Liceo ad indirizzo scientifico sperimentale a Ribera, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia conseguita a Palermo, ha effettuato un periodo all’Istituto Europeo di Oncologia del prof. Veronesi e si è specializzato in Radioterapia Oncologica a Milano presso l’Università Milano Bicocca.
A fine gennaio di quest’anno è stata illustrata l’attività della Radioterapia Oncologica e in particolare il recente sistema di radiochirurgia all’evento “Innavabiomed”, il luogo in cui gli esperti della produzione di dispositivi medici hanno la possibilità di incontrarsi e confrontarsi per mantenere l’industria biomedicale italiana competitiva nel mondo.

In cosa consiste questo recente sistema di radiochirurgia?

“Si tratta di una tecnologia innovativa che consente di trattare in pochi minuti diverse metastasi cerebrali contemporaneamente in una singola seduta, in modo indolore e assolutamente non invasivo – ci spiega il Prof. Alongi. Rispetto alle tecniche già note per la radiochirurgia cerebrale, questa nuova metodica chiamata ‘Hyperarc’ permette di risparmiare al meglio il tessuto sano del cervello escluso dalle sedi di malattia in modo sicuro, rapido e ripetibile.
Siamo stati i primi al mondo a testare questa tecnica, prima di americani e colleghi del nord Europa, che solitamente sono sempre avanti rispetto a noi. Questa volta la ditta produttrice del sistema prodotto nella ‘Silicon Valley’ ci ha selezionati come centro in cui testare prima di tutti la tecnologia e per noi è stato un onore ed un privilegio offrire questa nuova opportunità terapeutica a pazienti italiani. Ad oggi abbiamo trattato in pochi mesi più di 50 pazienti con risultati molto promettenti: circa 9 casi su 10 hanno ottenuto una risposta significativa al trattamento effettuato. Abbiamo presentato i dati preliminari in giro per il mondo (San Diego, Berlino, Linz) e a breve al congresso europeo di Radioterapia e oncologia (ESTRO)di Barcellona”.

Cosa ti ha spinto a specializzarti in Radioterapia?

“L’interesse per l’oncologia, visto che la radioterapia si usa ormai quasi esclusivamente per pazienti affetti da malattie tumorali maligne, e la presenza di elementi di fisica e tecnologia che rappresentano le basi della continua innovazione in Radioterapia. Inoltre mi affascinava la possibilità di distruggere o fermare il tumore senza anestesia e senza ricorrere al bisturi”.

Dove trovi la forza e, a mio avviso, il coraggio di confrontarti giorno per giorno con un male che spesso è difficile da sconfiggere?

“Bisogna capire quanto si è utili per il paziente che ha bisogno. Curare debellando la malattia è il primo obiettivo, ma quando non è più possibile, lenire il dolore e migliorare la qualità di vita diventano imperativi assoluti del nostro lavoro. E se non hai passione per quello che fai diventa davvero difficile affrontare la giornata lavorativa”.

C’è qualche caso in particolare che ti ha segnato e che ti porti dentro?

“Casi pediatrici, che per scelta ora non seguo più personalmente. Sono troppo carichi di emotività che può compromettere la tua lucidità come medico se non sei dedicato a farlo tutti i giorni”.

Cerchi di mantenere un certo distacco coi pazienti, oppure è inevitabile che si crei un legame speciale?

“Dipende dal singolo paziente. Sono solitamente molto professionale. O almeno cerco di esserlo. Ascolto tutti i pazienti in ambulatorio cercando l’empatia ma è inevitabile che alcuni pazienti entrino più nel cuore di altri alla fine per il loro modo di approcciarsi o per la loro intrinseca simpatia”.

Il primo consiglio che ti sentiresti di dare a chi si trova oggi a dover lottare contro un tumore?

“Combattere la malattia con ottimismo fin dall’inizio. Non mollare, mai. L’equilibrio psico-fisico aiuta molto nell’affrontare al meglio i trattamenti e spesso questo aspetto è sottovalutato”.

Quali controlli bisognerebbe fare per prevenire? Ci sono dei “campanelli di allarme” che spesso ignoriamo?

“La prevenzione è alla base per evitare l’insorgenza della malattia. Una condotta di vita equilibrata, riducendo l’esposizione a fattori di rischio come fumo, inquinamento e cattiva alimentazione è alla base della prevenzione. Spesso però gioca un fattore non eludibile l’aspetto genetico. Quindi se c’è la predisposizione alla malattia allora bisogna cercare di identificarla più precocemente possibile al fine di diagnosticare il tumore in fase iniziale, quando è possibile eradicarlo in modo definitivo, mentre nelle fasi più avanzate ci dobbiamo limitare a rallentare la malattia o a minimizzare l’impatto della stessa sulla qualità di vita”.

Ogni intervista si conclude con un messaggio per la città di Ribera.

“A Ribera ho passato la mia adolescenza e torno spesso dai miei familiari e costantemente d’estate per godere delle spiagge del nostro litorale. Ai giovani della nostra terra mi sento di dire: studiate e abbiate fiducia in voi stessi. Mettere passione in quello che fate. Come dico spesso ai miei collaboratori in reparto, non è tanto cosa facciamo, ma come lo facciamo che realmente conta”.