Calamonaci: Appello del padre per il figlio “Rischia di morire in carcere”

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“In un anno è dimagrito di circa 40 chili, sta a letto in cella, mangia poco, è debilitato perché la grave malattia di Cushing e un’alterazione psichica lo fanno velocemente regredire. Recluso in carcere, dal febbraio scorso non è più lui, è un’altra persona, essendo stato sballottato otto volte in sei mesi dal carcere di Palermo a Sciacca e ultimamente a quello di piazza Lanza a Catania. Ha bisogno di essere seguito quotidianamente e di cure iperproteiche. Diversamente rischia di morire dietro le sbarre”.

E’ questo l’accorato appello di Antonino Montalbano, pensionato di Calamonaci, piccolo centro dell’Agrigentino, padre di Paolo, 24 anni, rinchiuso da quando il 21 febbraio scorso ha aggredito un medico endocrinologo all’ospedale Cervello di Palermo perché non gli aveva prescritto i farmaci che lui richiedeva. Era accusato di tentato omicidio. I genitori, che incontrano perfino difficoltà a recarsi periodicamente per le visite al carcere di Catania per problemi di salute, chiedono che vengano concessi al giovane congiunto gli arresti domiciliari per assisterlo con la terapia consigliata, a base di Corneto 250 mg, prescritta dall’ospedale Niguarda di Milano e con una dieta iperproteica che gli permetta di mangiare ogni tre ore e con pasti a base di carne, operazione che non si può fare in carcere, come evidenzia il padre.

Il genitore è confortato dalle accurate perizie mediche di due luminari professori palermitani, docenti di psichiatria e di endocrinologia, che sono andati a visitarlo in carcere a Sciacca e poi a Catania e le cui relazioni evidenziano la grave malattia del giovane, tumore e una psicosi ossessiva grave, e denunciano il tentativo, perpetralo al “Pagliarelli” di Palermo, di come Paolo Montalbano, invalido all’80 per cento con pensione, abbia tentato di togliersi la vita per ben due volte. Il padre disperato, alla fine dell’estate scorsa, ha perfino scritto una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che avrebbe interessato l’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia.

La vicenda di Paolo Montalbano, sollevata in passato dai media e ripresa pure da Pino Apprendi, garante dei diritti dei detenuti a Palermo, ha fatto registrare pure l’intervento di Maurizio Veneziano, provveditore dell’amministrazione penitenziaria regionale, che ha spiegato come il carcerato sia stato trasferito da Sciacca a Catania per garantirgli l’assistenza adeguata che – secondo il padre – non gli verrebbe praticata.

“Di recente, lo abbiamo trovato peggiorato – dice il genitore che si reca a Catania in taxi perché non è in condizione di guidare per un problema alla vista – abbiamo paura di qualche gesto inconsulto, se avrà la forza di alzarsi dal letto, o della gravità della malattia che lo sta consumando giorno dopo giorno. Non gli fanno la cura per il tumore al cervello. Non abbiamo più lacrime. La situazione a nostro avviso è molto grave. Bisogna fare qualcosa e non aspettare che la candela si spenga lentamente”.