Ritratti: scrittori, educatori, sognatori del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Daniele Moretto

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Ho conosciuto Daniele Moretto a Palermo pochi mesi fa. Mi avevano parlato di lui con grande entusiasmo l’avvocato-poeta Francesco Riggio e Amico Dolci.

Daniele è un poeta, un sognatore, un uomo d’altri tempi che ha viaggiato molto e letto un’infinità di libri. Ha conosciuto Danilo Dolci rimanendo affascinato dal suo impegno civile, dalle sue lotte nonviolente e dal metodo educativo della “struttura maieutica reciproca”. Il 5 Ottobre scorso Daniele mi ha invitato alla sua manifestazione “Giornate delle Creature” per presentare alla Sala ONU del Teatro Massimo il mio ultimo libro insieme ad Amico Dolci, Pino Lombardo, Nunzia Luca, Dario Venutelli e con l’attore Tommaso Gioietta. È stata un’esperienza entusiasmante anche perché unica nel suo genere.

Nel tempo libero, Daniele gioca a scacchi, segue il tennis internazionale, s’interessa e a volte fa teatro, ogni tanto canta da tenore, ama la cucina, adora viaggiare ma anche stare interi pomeriggi in libreria, “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” è l’ultimo libro che ha letto.In questa intervista Daniele si racconta e ci fa conoscere la sua esperienza culturale. Ma andiamo a conoscerlo da vicino.

– Quando nasce in te la passione per la scrittura?

Da adolescente, tra solitudine e meraviglia, con lunghe passeggiate, anzi traversate notturne della città; mi sentivo protetto dagli alberi, anche se non ho avuto mai paura, allora. Quando rientravo “tentavo” versi. Solo a Firenze comincia la vera erudizione, ma quei primi tentativi fanno parte della mia rudimentale officina, indimenticabile, i primi “segni” della mia anima.

– Quali sono i tuoi scrittori di riferimento?

Dante, in primis. Che apre un firmamento letterario e dura fino ad ora (il suo vero nome è Durante). Gli autori italiani sono tutti imprescindibili e oggetto di continua meditazione per via dell’insegnamento. In giovinezza ho letto tantissimi poeti stranieri, sono stato segnato dai russi, in particolare Esenin e Pasternak, profondamente da Rilke boemo che scrive in tedesco, tra gli ispano-americani da Borges e soprattutto Neruda, ma anche dai luminosi Cernuda,Vicente Aleixandre, Ruben Darìo. All’università ho conosciuto personalmente gli ermetici fiorentini, i miei maestri: per la ricerca della luce, oltre il simbolo nero di Montale (a parte “I limoni” e alcuni degli “ossi”), per l’adesione alla vita, dunque Danilo Dolci. Nel 1995 ho incontrato a Firenze Josif Brodskji, la cui poesia è ostica ma i suoi scritti critici sono impareggiabili.

– Hai conosciuto Danilo Dolci; puoi raccontare questa esperienza?

Dall’incontro coi poeti fiorentini scaturì il “Progetto Fari”, volevo realizzare dei documentari sui poeti contemporanei un pò illusoriamente considerati dei padri, delle guide, anche per suggestione della famosa poesia di Baudelaire “Lesphares”, appunto. Rientrato a Palermo cercai Danilo per inserirlo nel progetto e ci incontrammo nel suo studio di Partinico, era il fine 1996. L’intervista filmata non si fece mai, ma fu un dialogo avvincente. Mi invitò a partecipare a due seminari (a San Giuseppe Jato e a Firenze) dai quali cominciò il mio viaggio maieutico. Nel salutarci, mi disse: “Vai a vedere la diga!”. Andai e capii di aver conosciuto non più un poeta-testimone bensì un poeta-agente, che non solo scrive ma agisce per incidere, oltre che sul foglio, sulla realtà; non mi indicò dei libri ma un bacino di “acqua democratica”, quello era il suo capolavoro!

– Come sarebbe stata la Sicilia del nostro tempo con la presenza del sociologo triestino?

Io non lo definisco sociologo, anche se le sue analisi sono diventate libri importanti, alcuni recentemente ristampati; ma anche qui prevale l’azione, l’analisi è in funzione del possibile – sempre possibile – cambiamento. L’indicazione più importante è sul piano del metodo: la raccolta dei dati specifici, territoriali, le statistiche, lo studio rigoroso, non lasciare nulla al caso, tutto questo permette il passaggio dall’idea al progetto.

– “Se ci fosse Danilo, cosa farebbe…?”.

Non è facile rispondere, ma forse aiuta osservare che negli ultimi anni la sua attenzione era rivolta alla “Struttura Maieutica Reciproca”, quindi è probabile che avrebbe continuato a guidare laboratori maieutici, e a indicarli come necessari su scala planetaria. In ogni caso, Danilo non è più un faro per la sola Sicilia ma per tutto il mondo, nonostantei tentativi di ignorarlo o di coprirne il raggio luminoso.

– Qual è la funzione di un libro nella società liquida?

Mi viene in mente l’immagine di un torrente che si può attraversare solo grazie a delle pietre disposte nell’acqua. Ecco, c’è l’idea dell’attraversamento, del superamento: un libro permette di andare oltre, di procedere; anche un libro può essere una leva per sollevare il mondo. E poi penso che la liquidità del mondo corrisponda alla nostra ignavia. Quando si comincia ad analizzare, a cercare di capire come stanno le cose, il libro del mondo, come lo chiamava Goldoni, si fa interessante e… solido. È la solidità della memoria, del sapere, è direi la struttura della luce. Ritorna l’idea del faro…

-Kafka dice che“bisognerebbe leggere soltanto i libri che mordono e pungono”. Qual è la tua opinione?

La frase di Kafka parte dal presupposto che l’uomo dorme. La storia è costellata di personaggi che esortano l’uomo a svegliarsi! Dante apre la commedia con questo tema: “Tant’era pien di sonno a quel punto / che la verace via abbandonai”. La letteratura non può che essere una sferzata morale contro la sonnolenza universale.

-Cambia qualcosa se Dio si mette a scrivere?

Dio scrive di continuo, è l’autore incessante ed è al contempo l’opera. Danilo Dolci fa il paragone tra il pittore che usa i colori e la tela, e l’uomo, ogni uomo che può fare un’opera d’arte della propria esistenza usando il paesaggio, la campagna, tutto ciò che lo circonda, le sue giornate, il proprio lavoro, le proprie azioni cioè il modo di stare in società collaborando con gli altri. Quindi, come vedi tutto cambia, se l’uomo agisce come Dio stesso suggerisce.

-Con la tua forza di volontà sei riuscito ad organizzare un evento bellissimo ed impegnativo dal titolo: “Giornate delle Creature”dedicate al centenario della nascita di Danilo Dolci. Puoi fare un bilancio della manifestazione?

Da soli non si fa mai nulla, tante persone hanno contribuito alla realizzazione di una manifestazione articolata, complessa, con dieci giorni di eventi. Devo un “grazie” particolare al Sovrintendente Marco Betta per la squisita ospitalità, a Nunzia Luca per il confronto e le continue “soluzioni”, a Tano Siracusa e Daniele Lanfranca per il supporto pratico e logistico, ad Angelo Zito per la pazienza piuttosto che per la grafica. Un ringraziamento a Salvo Quagliana e a Elisabetta Errante per le foto.

Il bilancio è più che positivo: volevamo e abbiamo contribuito alla conoscenza della figura e soprattutto del messaggio poetico-maieutico di Danilo Dolci, abbiamo cominciato a coinvolgere le scuole, abbiamo proposto un ventaglio di eventi non banali, non per essere originali a tutti i costi, ma per colpire e attrarre creature… verso se stesse e verso gli altri: a intessere interesse!Certo, si può sempre migliorare, per esempio sul piano della comunicazione, del rapporto e della comunicazione con gli enti pubblici, i cui tempi burocratici rischiano di vanificare interi mesi di lavoro.

– Danilo Dolci, Don Milani, Gandhi, Biagio Conte e San Francesco: cosa unisce queste persone?

L’amore per l’umanità. E la fiducia in essa. Si tratta di “inviati”, anime che s’incarnano allo scopo di dare dei messaggi “salvifici” agli esseri umani. Anche Dante fa questo.

– Sei d’accordo con il titolo del libro“Ci hanno nascosto Danilo Dolci”?

Assolutamente d’accordo. Anche per questo ho ideato questa edizione delle “Giornate delle Creature” e ti ho invitato immediatamente a presentare il tuo libro.

– Perché la Sicilia non riesce a crescere culturalmente pur avendo tutto: gastronomia, mare, montagna, cultura, storia millenaria, teatri, monumenti e tanti ingegni che ci invidiano in tutto il mondo?

Domanda complessa, infinita… Quanto tempo ho per rispondere? Intanto le bellezze paesaggistiche, la bontà e l’abbondanza di risorse naturali e culturali sono state a lungo appannaggio esclusivo delle classi dominanti, con le aggravanti delle dominazioni che hanno lasciato da un lato i segni della loro presenza, un tesoro secolare inestimabile, ma d’altro canto hanno segnato caratterialmente e culturalmente il popolo, sempre costretto a subire nuovi padroni. Storicamente parlando, mentre qui c’era l’imperatore, al centro-nord si affermavano i Comuni, le autonomie cittadine, e ciò ha determinato un gap culturale, la questione meridionale comincia da questa mancata esperienza sociale. E poi c’è il fenomeno mafioso – ancora non del tutto sradicato, anche se passi in avanti ne sono stati fatti – che ha fortemente contribuito all’arretratezza culturale della Sicilia.

– Chi salverà il mondo: la bellezza, la musica, la letteratura, i bambini?

Ognuna di queste cose. Ma c’è una bellissima poesia di Borges, “I giusti”, che risponde compiutamente alla tua domanda.

– La città senza regole e gli ostacoli per la gente che ha delle difficoltà, cosa bisogna fare?

Anche in questo senso Palermo paga lo scotto della differenza Nord/Sud, qui non si è sviluppato il senso del collettivo, c’è molto individualismo, ma Danilo ha dimostrato che si può cambiare e si può crescere soprattutto con gli ultimi e per gli ultimi. È anche il messaggio caritatevole e illuminato di Biagio Conte. Bisogna insistere sull’educazione, in special modo quella maieutica, organizzare cerchi, tanti cerchi maieutici per sviluppare una nuova cultura della collaborazione, del confronto, della dignità della persona umana, come vuole anche la nostra Costituzione.

– Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Continuare con il lavoro maieutico, avendo come obiettivo a medio termine la creazione di una scuola alternativa, dove la maieutica è una colonna fondamentale (ma non l’unica). Ci vuole innanzitutto un luogo ad hoc, quindi creature generose, mecenati che vogliano mettere a disposizione beni inutilizzati; come associazione,faremo richiesta di una struttura agli enti pubblici, e c’è già l’idea di un crowd-funding. Vorrei inoltre pubblicare il mio secondo libro di poesie, anche per dare spazio a progetti letterari. Anche se sono in pensione, il lavoro non mi manca, come vedi.

Biografia

Daniele Moretto nasce a Palermo nel 1961 dove inizia a lavorare come artigiano poi come tipografo. A diciotto anni si trasferisce a Firenze dove si diploma da privatista per poi formarsi letterariamente e musicalmente (Tenore). Conosce i poeti-critici del c.d. “ermetismo fiorentino” (Luzi, Parronchi, Bigongiari, Macrì) cui dedicherà la tesi di laurea: “Il movimento ermetico”. Tornato in Sicilia, nel 2001 inizia ad insegnare Italiano e Storia nei licei professionali statali, ricorrendo spesso all’approccio maieutico. Nel 1997 pubblica la silloge poetica “Splendore della materia opaca”, Edizioni Polistampa Firenze, con la prefazione di Alessandro Parronchi. Ha scritto su varie riviste di vari argomenti, in particolare su “Fuorivista” rivista di scrittura e fotografia (Agrigento) diretta da Tano Siracusa e su “Bac Bac” (on-line) con la rubrica personale “Il punto”.

Nel 2003 fonda l’Associazione Culturale “I Contemplari” con la quale organizza numerose iniziative imperniate sulla poesia e sulla creaturalità o cultura della vita.

Negli ultimi anni sono aumentati gli eventi dedicati alla figura e all’opera socio-culturale di Danilo Dolci e nello specifico all’arte maieutica, fino alle recenti “Giornate delle Creature 2024”, IX edizione, tenutesi in occasione del centenario della sua nascita.