La Regione proclama lo stato di crisi per la siccità, ma nell’Agrigentino l’acqua va a mare

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Ormai ufficialmente è emergenza idrica generale per tutta la Sicilia, con l’acqua a scopo irriguo che ad uso civile e potabile. Non piove più, gli invasi sono quasi vuoti e si disperano gli agricoltori, gli allevatori e le stesse popolazioni che cominciano ad avere l’acqua razionata. La giunta regionale siciliana, su proposta del presidente della Regione Renato Schifani, ha approvato lo stato di crisi e di emergenza nel settore idrico potabile fino al 31 dicembre per le province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo e Trapani. Contestualmente, ha nominato il segretario generale dell’Autorità di Bacino del distretto idrografico della Sicilia, Leonardo Santoro, commissario delegato con l’incarico di individuare e attuare tutte le misure necessarie per superare la fase più critica.


Il provvedimento, previsto dalla legge regionale numero 13 del 2020, si inserisce nel contesto delle condizioni di siccità persistente che ha ridotto la disponibilità di acqua negli invasi siciliani. Il 2023 è stato il quarto anno consecutivo con precipitazioni al di sotto della media storica di lungo periodo. Nei primi mesi di quest’anno, caratterizzati da temperature più alte e scarsità di piogge, hanno confermato finora questa tendenza in tutta l’Isola. Non a caso, lo scorso febbraio il governo regionale aveva dichiarato lo stato di crisi idrica sia per il settore irriguo sia per la zootecnia.

Il neo commissario dovrà portare avanti una serie di iniziative urgenti come azioni finalizzate al risparmio idrico potabile (la riduzione dei prelievi e l’elaborazione di programmi di riduzione dei consumi, con riferimento alla promozione dell’efficienza di usi esterni, alla verifica degli usi con attuazione di strategie di risparmio, all’attuazione di pratiche tecnologiche e programmi di ammodernamento atti a ridurre i consumi delle apparecchiature delle utenze e alle campagne di sensibilizzazione al risparmio idrico).
Dovrà programmare azioni finalizzate all’aumento delle risorse disponibili di concerto con il coordinamento del commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica; la ricognizione e la pianificazione degli interventi urgenti per il reperimento di risorse alternative; l’individuazione di soluzioni per il reperimento di nuove risorse idriche ad uso potabile; la ricognizione e le azioni per l’utilizzo di pozzi e sorgenti.

Se non dovessero arrivare tra marzo e aprile delle precipitazioni atmosferiche la situazione diventerebbe drammatica per l’economia e per i cittadini in tutta l’Isola. In tante province siciliane comincia già il razionamento perfino dell’acqua potabile. C’è una situazione paradossale in provincia di Agrigento dove c’è tanta acqua che, frutto rigogliose sorgenti nel bacino imbrifero di circa 450 chilometri quadrati, se ne va inutilizzata a mare. Tanto che il commissario delegato per l’emergenza, idrica e siccità, Dario Cartabellotta, martedì si è visto costretto dall’intervento del prefetto di Agrigento Filippo Romano, dei sindaci di 14 comuni del comprensorio, con il testa il primo cittadino di Ribera Matteo Ruvolo, di consiglieri comunali riberesi e di Burgio, della deputazione agrigentina (on. Carmelo Pace), di agricoltori ed organizzazioni professionali, a chiedere la sospensione delle attività della produzione elettrica di Enel Green Power nelle centrali di San Carlo-Burgio e di Poggio Diana di Ribera per trasferire l’acqua nella diga Castello di Bivona che oggi ha meno di 9 milioni di metri cubi, a fronte dei 21 milioni di capacità.

L’operazione sarà resa possibile con l’utilizzo per caduta naturale e a costo zero dell’adduttore “Gammauta-Castello” che era costato all’inizio degli anni 2000 ben 45 miliardi di vecchie lire e che è stato poche volte utilizzato. Si eviterà cosi di mandare a mare l’acqua che nella parte mediana del fiume Verdura potrebbe essere anche pompata dagli agricoltori, con mezzi propri o tramite il consorzio di bonifica Agrigento 3, nei laghetti collinari. Migliaia di imprenditori agricoli agrigentini chiedono di modificare pure il disciplinare che delega la concessione tra Enel e Regione e soprattutto tornare ad avanzare la vecchia e attuale richiesta di realizzare sull’Alto Sosio-Verdura la tanto decantata diga “Valentino” che potrebbe invasare circa 80 milioni di metri cubi d’acqua che oggi incredibilmente si perdono a mare.