Gero Di Francesco ha viaggiato molto in Italia e all’estero sia per motivi istituzionali come componente del direttivo nazionale dell’Unione Province d’Italia e dell’associazione Paesi Bandiera Arancione, sia per i gemellaggi tra il suo comune e quelli di Dillingen in Germania e Broxbourne in Gran Bretagna, gravando per principio sulle proprie risorse finanziarie e non su quelle pubbliche.
La Grecia, però, visitata durante il suo viaggio di nozze è rimasta il suo luogo dell’anima; forse perché l’ha attraversata in lungo e largo con una Renault 4 e una tenda canadese a due posti, in un viaggio di nozze stile freek come avrebbe detto Guccini, forse perché l’ha vissuta tra storie, leggende e miti studiati al liceo classico.
Gero è un grande appassionato di nuoto. Frequenta il mare d’estate e le piscine coperte d’inverno. Ama la musica classica a cui è particolarmente legato perché ha accompagnato la svolta della sua vita verso gli studi storici – mentre conseguiva il diploma in paleografia latina, archivistica e diplomatica – non facendo eccezione nell’ascolto, da Mozart alla musica dodecafonica con una grande attrazione verso Brahms e il suo concerto per piano in re minore. Ha giocato a pallone in modo amatoriale quand’era ragazzo ed è stato tifoso del Milan fino a quando la squadra è diventata una proprietà di Berlusconi… Da allora ha guardato il calcio con molto distacco. Se dovessero chiedergli quale scrittore preferisce escluso quelli che si occupano di storia non esiterebbe a dire Leonardo Sciascia, anche se lo lega al maestro di Racalmuto un rapporto di amore e odio perché da storico non ama le contraddizioni. Sutera è il suo paese, quello legato al culto di San Paolino: il paese del leggendario Francesco Salamone condottiero ed eroe della disfida di Barletta.
-Quando inizia il tuo interesse per la scrittura e per la storia?
Ho sempre avuto la passione per la scrittura fin dalle scuole elementari. Ricordo come una volta mio padre avesse dubitato che avessi copiato <<una lettera ai genitori>> di quelle assegnate agli alunni come compito per casa nelle scuole dell’infanzia, affermando che non fosse stata farina del mio sacco. La sua opinione mi lasciò l’amaro in bocca perché l’avevo percepita come una mancanza di fiducia e da quel momento, per dimostrargli il contrario cominciai a scrivere. Scrivevo lettere a tutti, amici e parenti, con gusto, raccontando fatti veri, ma anche qualche piccola bugia intorno alla mia vita. Ero sempre in bilico tra il racconto fantastico e quello storico.
-Al sesto anno di università hai abbandonato la facoltà di medicina. Cosa sarebbe successo se fossi diventato un medico?
Non ero granché appassionato allo studio della medicina, benché mi applicassi e superassi le materie con votazioni alte. Dopo la morte di mia nonna, investita da una motoretta e ricoverata presso un centro per traumatizzati cranici all’ospedale civico di Palermo, cominciai a soffrire di ipocondria. Quella condizione mi rendeva la vita drammatica, in quanto riversavo su di me i sintomi delle malattie che studiavo. Sono riuscito a superare 24 materie su 28, poi ho deciso di smettere. Penso che sarei stato un bravo medico per gli altri, ma in continua sofferenza con me stesso.
-Come eri da bambino, che ricordi hai del tuo maestro ?
Da bambino ero uno scapestrato figlio della strada. In paese era normale che si vivesse una vita collettiva con i vicini di casa. Si entrava e si usciva dalle abitazioni degli altri senza alcuna riserva mentale, a volte si consumavano i pasti dei vicini, che chiaramente erano limitati alle cose essenziali e specialmente ai prodotti dell’agricoltura: minestre, brodini, qualche pezzo di formaggio o di ricotta. La mia maestra era inflessibile nel suo grembiule nero. Ogni giorno passava davanti la falegnameria di mio padre e lo informava sul mio andamento scolastico. Mi sentivo soffocare, almeno a scuola dovevo rigare dritto. Il Convitto Nazionale di Palermo dove ho trascorso nove lunghi anni della mia vita scolastica, dalla quinta elementare al terzo liceo classico, tramite una borsa di studio per ragazzi meritevoli e bisognosi, mi ha temprato nel carattere, anche se ha limitato fortemente la mia indipendenza e la mia autodeterminazione in quegli anni di forte e creativa contestazione studentesca.
-Qual è il potere di un libro?
Il mio amore per i libri è sempre stato passionale: li divoravo, li consumavo letteralmente, anche fisicamente. Non ricordo abbia mai potuto lasciare un libro decoroso al liceo e all’università, ad un mio fratello o a qualche amico più piccolo. Il libro ha il potere di portarti in mondi sconosciuti e di farteli toccare con mano. E’ il veicolo della cultura, lo strumento della conoscenza. Ho sempre avuto una spiccata memoria visiva. I corsivi, i neretti, le sottolineature mi inebriavano, li sognavo anche la notte.
-Gli emigranti prima partivano con le valige di cartone per la lontana Merica, per l’Argentina, oggi i nuovi emigranti sono giovani. Partono in aereo con il trolley per diversi paesi europei. Alcuni non ritorneranno più in Sicilia e lavoreranno in altri paesi del mondo…
Uno dei traumi che vivevo da ragazzo era la partenza dei miei compagni di scuola e di gioco verso terre lontane: straniere. Emigravano per necessità e per lavoro. Andavano a cercare un nuovo mondo, migliore di quello che gli offriva il proprio paese. Da un lato provavo invidia per la loro avventura, dall’altro sentivo la separazione in modo pesante e angoscioso. I miei ricordi non vanno al di là degli anni 60, quando l’emigrazione era diretta in Inghilterra, nei paesi mitteleuropei e cominciava la diaspora per l’Italia Settentrionale.Ho visto partire anche i miei i miei nonni e i miei zii; li ho visti andar via con quelle valige di cartone piene di piccole cose e di grandi sogni. Mi dava conforto l’integrazione nei territori che li ospitavano e mi associavo idealmente alle loro lotte per una vita dignitosa, arrabbiandomi enormemente per la discriminazione che molto spesso subivano da parte della gente del luogo: non si affitta ai meridionali, vietato l’ingresso ai cani e ai meridionali. Ho scritto un bel racconto sulla loro storia. Ho pensato che gli italiani dopo cento anni non fossero ancora tali, malgrado i programmi scolastici ed il libro Cuore di Edmondo De Amicis. Un paradosso rimaneva il mio trisavolo lumbard venuto negli anni 60 dell’Ottocento in Sicilia come carabiniere, nonno di mia nonna e bisnonno di mia mamma, emigrato all’incontrario e rimasto a Sutera per tutta la vita. Si chiamava Legnazi Giovanni e veniva da Robbio nella Lomellina.
-Perché i partiti di sinistra si sono allontanati dai bisogni e dalle battaglie dei lavoratori?
I partiti della sinistra negli anni della mia adolescenza traevano la loro forza dalla lotta di classe e dalla richiesta di giustizia sociale. I loro referenti erano i lavoratori, i contadini, i soggetti umili e meno abbienti. Man mano però la mediazione li ha imborghesiti, hanno rinunciato ai valori provenienti dal mondo degli sfruttati e alla sperimentazione di una alternativa politica. Si sono lasciati prendere la mano dall’elettoralismo e dal consociazionismo, e hanno abbandonato quella ricerca dell’ egemonia culturale foriera di un mondo diverso. In parole povere, si sono appiattiti sul capitalismo come <<fine della storia>>.
-Puoi commentare una frase di Danilo Dolci i siciliani perdono sempre perché divisi…
I siciliani, è vero, sono spesso egocentrici ed individualisti, ma hanno avuto momenti di grande capacità organizzativa e di antagonismo sociale esprimendo una forte solidarietà di classe mai vista in altre parti d’Italia. In quei momenti è emersa la parte migliore di essi, quella che gli uomini del nord, non ultimo Danilo Dolci, non hanno mai compreso. Basta pensare ai del Fasci dei lavoratori e alle lotte per le terre incolte e mal coltivate nel primo e secondo dopoguerra.
-La Sicilia e la mafia, un gioco crudele in cui a perdere sono sempre le persone oneste. Quali responsabilità ha la politica?
La mafia è stata da sempre uno strumento di controllo dell’antagonismo di classe. E’ stata il cane da guardia dei potenti: dei baroni prima, degli speculatori edili dopo, dell’alta finanza e dei colletti bianchi in seguito. La mafia è stata sempre tollerata, adulata e aiutata per mantenere lo status quo nei rapporti di classe. Rompendosi questo utile rapporto con lo stato dopo il crollo del comunismo sovietico abbiamo visto le stragi, gli assassinii eccellenti, le trattative e i patti scellerati. Prima ad essere assassinati erano solo i sindacalisti e gli oppositori irriducibili come Peppino Impastato, dopo vennero assassinati i rappresentanti dello stato democratico non conniventi con i suoi interessi. La mafia non è mai stato un <<atavismo>> del popolo siciliano, ma un sistema intricato di sopraffazione impunito per opportunità politica.
-Di che cosa parla il tuo libro Storie scordate?
Nel mio libro Storie Scordate faccio un esperimento letterario: un collage tra documentazione storica e racconto personale per lanciare un nuovo messaggio artistico simile a quello pittorico. Su fatti storici documentati inserisco aspetti della mia vita, dando un’interpretazione originale di storie realmente accadute, scordate nel doppio senso della parola, dimenticate e disarmoniche nello stesso tempo. In un racconto, per esempio, metto insieme l’esperienza da emigrante mancato di mio padre, con una tragica vicenda accaduta nel 1893, quando centinaia di emigranti diretti in Brasile, imbarcati sulla nave Carlo Raggio, non ebbero la libera pratica per sbarcare a Rio de Janeiro e dovettero tornare indietro registrando la morte di grandi e bambini per un colera scoppiato a bordo. Quasi trecento persone vennero gettate in acqua, nell’oceano Atlantico, ancora prima che spirassero. Questa storia <<scordata>> ricorda da vicino la tragedia odierna del Mediterraneo.
-Sutera è uno dei paesi più incantevoli della Sicilia ma mancano i turisti, cosa bisogna fare per attrarli?
La storia di Sutera è una storia di emigrazione che inizia verso la fine dell’800, per rendersi ancora più incisiva nel secondo dopoguerra e negli anni 60 del Novecento. Un punto di debolezza che dura tuttora ma che può trovare in sé punti di forza. Ultimamente è stato avviato un turismo delle radici che sta dando i suoi frutti, per non parlare dei percorsi naturalistici avviati tramite la via Francigena. Bisognerebbe assieme a queste nuove forme di turismo bloccare la fuga dei cervelli e dei ragazzi, perché senza di loro non si va avanti.
-Cosa pensi del ponte sullo stretto in una Sicilia senza strade agibili, con autostrade allo sbando, strade incompiute, cantieri ovunque e una linea ferrata da rilanciare…
La nostra terra soffre della demagogia e del paradosso. Il ponte sullo stretto oltre ad essere inutile vista l’ottima organizzazione del traghettamento è anche insostenibile da un punto di vista ambientale e finanziario. La viabilità interna dovrebbe rappresentare il primo ed unico impegno delle amministrazioni preposte, fermo restando il rispetto della natura, delle aree protette e dell’utilizzo di materiali adeguati. Bisogna evitare le cementificazioni violente e irrazionali che producono dissesti ecologici dai risvolti tragici.
-Cosa salverà il mondo, la bellezza, la letteratura, la musica o i piccoli centri come Sutera a dimensione umana?
Il mondo sarà salvato dai ragazzini diceva Elsa Morante, dalla genuinità e dalla freschezza che mischiate alla creatività faranno rinascere la bellezza di Dostoevskij, la musica, l’arte e la cultura in genere, compreso la socialità e l’accoglienza dei piccoli centri. Sutera è stato uno dei primi paesi ad adottare lo SPRAR per i migranti.
Che cos’è lo SPRAR?
SPRAR è l’ acronimo di Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. E’un sistema di accoglienza attuato dai comuni con finanziamento da parte del Ministero dell’Interno, che serve a dare un tetto ed il necessario ai migranti richiedenti asilo. Si tratta di un sistema integrato rivolto specialmente alle famiglie ed ai minori non accompagnati. Sutera è stato uno tra i primi comuni ad avviarlo, dando esempio di come potessero convivere nello stesso posto cittadini italiani e cittadini migranti nel rispetto reciproco. Fin dal 2014 circa trenta famiglie hanno vissuto nel paese di anno in anno stabilendo rapporti più che amichevoli con le famiglie locali. Gli adulti hanno potuto imparare l’italiano seguendo corsi di lingua impartiti da insegnanti volontari, mentre i bambini e gli adolescenti venivano iscritti a scuola regolarmente. E’ stato un buon percorso di solidarietà e di reciprocità umana. In tante famiglie suteresi, compresa la mia, si possono trovare testimonianze fotografiche di queste amicizie nuove, fino a poco tempo prima imprevedibili.
-Sutera e Dillingen sogni e speranze di due paesi gemellati…
I gemellaggi tra comuni sono un momento di forte crescita culturale e sociale. Il gemellaggio con Dillingen è stato insuperabile per la forte determinazione espressa dal consigliere comunale tedesco Gunter Mittermuller a riannodare le fila di una comunità divisa dall’emigrazione. Sutera e i suteresi che vivono fuori dal paese ne hanno tratto un grande beneficio, specialmente nei rapporti umani.Ogni sindaco dovrebbe sentire l’obbligo morale di continuare questa pratica sociale e di farla diventare una costante non modificabile. Il dialogo tra popolazioni diverse è alla base della nuova Europa: un’Europa dei popoli e non soltanto della finanza.
-Quale l’importanza della storia nella tua vita?
Io amo profondamente la storia perché in essa ritrovo l’uomo reale, quello che ha vissuto i travagli del suo tempo. Solo nella storia si trova il divenire dello scibile umano, la ragione della cultura attuale. Studiare la storia è come studiare se stessi nella stratificazione temporale. Non esiste un uomo in sé, se non quello prodotto dalla storia, con il suo pensiero filosofico e religioso, le sue leggi, la sua arte, le sue costumanze. Partire da questa consapevolezza ci dà la possibilità di prevenire se non scongiurare tragedie e aberrazioni dèjà vu, sebbene le stesse siano connaturate all’indole umana. Bisogna trasformare l’istinto alla sopraffazione nella cultura della collaborazione ovvero l’homo homini lupus di Hobbes in quello più alto ed impegnativo dell’homo homini deus.
-Sciascia ha affermato che il fascismo in Italia è stato sottovalutato. Cosa pensi in proposito?
Sciascia ha un concetto della storia letterario: narrativo. Lui come Borges pensa che il passato sia plasmabile e quindi falsabile. In un passaggio del Consiglio D’Egitto fa dire all’abate Vella che la falsificazione è più impegnativa della ricerca storica. Io credo che la storia sia verità o meglio ricerca della verità, anche attraverso la microstoria che molto spesso dà voce a chi non ha vinto e mette in rilievo le ragioni dello sconfitto. Il fascismo è stato voluto dalle classi padronali in un momento di forte crisi democratica conseguente alla sciagura della guerra. Ha trovato un complice imperdonabile nella monarchia.
-Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Voglio continuare ad indagare la storia siciliana attraverso la rivista “Studi Storici Siciliani” con la collaborazione di tanti insigni storici ed amatori che condividono questo progetto. Nel frattempo sto per pubblicare con Salvatore Sciascia editore una biografia di<<Giuseppe Alongi il poliziotto sociologo>>, uno dei primi poliziotti che si è occupato di mafia in modo analitico, ma con molti limiti, nella seconda metà dell’Ottocento. Spero con ciò, di far notare alcuni luoghi comuni sulle origini della mafia, che hanno condizionato la storia recente, spendendo fiumi di parole molto spesso inutili e fuorvianti.
Biografia
Calogero Di Francesco è nato a Sutera nel 1954. Sposato e padre di due figlie (Giacoma e Paola) ha conseguito la maturità classica presso il Convitto Nazionale Giovanni Falcone (Ex Vittorio Emanuele II) di Palermo. Dopo aver frequentato la facoltà di medicina e chirurgia della stessa città, ha abbandonato gli studi alla soglia della laurea e si è diplomato in Archivistica, Paleografia latina e Diplomatica dedicandosi a ricercare e scrivere approfondimenti sulla storia della Sicilia.
Durante la sua attività lavorativa è stato responsabile prima della biblioteca comunale di Sutera e successivamente dell’archivio storico della Provincia Regionale di Caltanissetta.
Gero Di Francesco, nome con il quale comunemente è conosciuto e firma i suoi lavori, è stato impegnato in politica nel PCI e nei gruppi della sinistra alternativa con i quali ha condotto battaglie politiche contro la mafia e la repressione poliziesca della lotta di classe. Dopo la caduta del muro di Berlino e le scelte politiche della Bolognina ha aderito al movimento per la rifondazione comunista da cui si è allontanato nel 1993, iscrivendosi al Partito democratico della Sinistra per transitare, in seguito ai dissensi sulla politica regionale e provinciale del partito, nel movimento degli ambientalisti rosso-verdi in cui tuttora orbita senza alcuna tessera di partito.
Dopo un breve trascorso amministrativo agli inizi degli anni 80 quale presidente dell’assemblea della Unità Sanitaria Locale di Mussomeli è stato consigliere provinciale di Caltanissetta tra il 1994 ed il 2003 e sindaco del comune di Sutera dal 2003 al 2013 disimpegnando incarichi regionali e nazionali nelle associazioni delle autonomie locali.
Tra le sue pubblicazioni, oltre ai due volumi Sutera Milocca- un comune del latifondo siciliano (2006-07) e al collage storico autobiografico Storie Scordate (2015), che tratta della storia contemporanea di Sutera e di tratti della sua vita, si annoverano anche i due lavori storici di più ampio respiro Riesi 1919: la guerra non è ancora finita (2019), e L’ombra del principe, il ministro ed il fiduciario fascista (2022).
Diversi suoi articoli si possono trovare sul quotidiano La Sicilia, sulla Rivista della Provincia di Caltanissetta, sul quotidiano on line Castello Incantato e sui periodici locali La Voce di Campofranco e Progetto Vallone. Attualmente è condirettore di Studi Storici Siciliani, una rivista prima semestrale e poi trimestrale di storia moderna e contemporanea siciliana, nata nel 2014 e tuttora nel pieno della sua attività, nella quale ha pubblicato saggi originali su personaggi e vicende poco noti della storia siciliana. Per conto di essa ha curato il volume collettaneo Sicilia 1920, lotte sociali, conflitti politici e violenza dopo la Grande Guerra (2023).
Conferenziere appassionato Gero Di Francesco ha già in stampa un suo ultimo lavoro storico dal titolo Giuseppe Alongi il poliziotto sociologo: dalla antropologia criminale alla cattiva polizia politica.