Il postino che portava lettere d’amore di Maurizio Piscopo

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Il postino, una volta, arrivava a piedi o usava la bici per consegnare la posta, quanta felicità quando arrivava una lettera, soprattutto se era una lettera d’amore. Erano lettere di fidanzati partiti per il militare o mariti lontani per lavoro…lettere che una volta lette venivano conservate come cose preziose. Oggi non si scrivono più lettere d’amore…e il postino arriva in automobile, con il vespino…una volta il postino l’attendevamo con gioia, con ansia. Sarebbe bello tornare a scrivere queste lettere con le buste colorate profumate, da consegnare a mano all’innamorata! Oggi non abbiamo più tempo, c’è internet watsap, messenger …e si corre come pazzi!

Le ragazze dai balconi di Lercara passavano lo straccio e mentre pulivano la casa cantavano e sospiravano. Poi si mettevano un po’ di profumo e si affacciavano per curiosare. Stavano aspettando la lettera del fidanzato. Erano quasi le 11 e il postino era in ritardo e non passava con la sua borsa piena di cartoline e lettere. Arrivava cantando Vitti ‘Na crozza e sorrideva al mondo. Era sua abitudine alle 11,00 quando si preparava in ufficio, prima di consegnare la posta, si metteva di santa pazienza a leggere tutte le cartoline che arrivavano alle ragazze, se avesse potuto avrebbe letto anche le lettere. Quante belle parole si scrivono nelle lettere diceva tra sé e sè! La cosa strana che certe volte una lettera rimaneva bloccata in un ufficio e per oscure ragioni arrivava al destinatario due anni dopo.

E la ragazza sussurrava, meno male, che né mio padre, né mia madre sanno leggere perché a leggere queste lettere si sarebbero fatte il sangue amaro! Il postino ritornava in paese quando il giorno stava per morire e aveva ancora una lettera da consegnare. Certe volte consegnava di nascosto una lettera d’amore senza francobollo. A Lercara paese di dolci, di zolfo e di ragazze dagli occhi bellissimi ho incontrato Pietro Alfonso. Per 23 anni ha svolto il mestiere del postino e nel cuore conserva tanti ricordi indelebili. Oggi è tutto cambiato, -mi racconta- i ragazzi lavorano alle poste solo tre mesi l’anno. Sono precari e con il guadagno a Milano e a Torino non riescono nemmeno a pagare l’affitto e spesso devono intervenire i genitori. Pietro ha lavorato con grande passione ed è stato sempre presente al lavoro. Era rispettato da tutti. Oggi ha 82 anni compiuti. Ha visitato quasi tutta la Sicilia è stato a Roma, Firenze, Venezia, in Belgio, in Germania. Il mondo delle poste di Lercara- racconta- “era una sola famiglia, c’era condivisione del lavoro e grande amicizia tra i colleghi. Nei periodi di festa certe volte ci riunivamo con le famiglie. Quando nevicava a Lercara tutto il gruppo della posta si ritrovava per la colazione, pane caldo cunsatu con l’olio, secondo un’antica tradizione contadina. Se in ufficio c’era un errore, tutti gli impiegati facevamo a gara per trovarlo, evitando che a pagare fosse solo il responsabile. Certi errori nascevano quando si pagavano le pensioni che c’era molta confusione”…

La buca delle lettere è la scatola più misteriosa e affascinante del mondo. Ha una storia lunga 500 anni e si è trasformata più volte: era di pietra, di legno, di metallo. I termini mailbox, posta elettronica, invio, sono termini che appartengono al linguaggio informatico ma che sono stati sottratti al tradizionale sistema postale. Nelle cassette delle lettere non ci sono più carte profumate, baci appassionati o cartoline d’oltreoceano macchiate di caffè mescolate a tante altre lettere…

Ma andiamo a conoscere da vicino Pietro Alfonso.

-A quale età ha cominciato a fare il postino?

A 23 anni, nel 1967.

-Dove ha svolto il suo lavoro?

Sempre a Lercara.

-In che cosa consisteva il suo lavoro?

Consegnavo le lettere che provenivano dall’America, dall’Italia, molte stampe, giornali religiosi come Famiglia Cristiana e poi giornalini per i ragazzi, insomma tutta la corrispondenza che arrivava in paese.

-Lei è sposato?

Si sono sposato e ho tre figli due maschi e una ragazza, uno fa il muratore, l’altro fa il ragioniere, e vivono tutti e a Lercara.

-E’ vero che c’era molta attesa delle ragazze che aspettavano le lettere?

Le ragazze aspettavano con trepidazione ed avevano una grande fiducia nel postino, lo consideravano un componente della loro famiglia.

-Come accoglievano il suo arrivo?

Erano felici e la gioia sprizzava dai loro occhi, soprattutto quando le consegnavo di nascosto.

-Perché di nascosto?

Perché la mamma e il papà non erano d’accordo.

-Quindi lei in un certo qual modo era “complice” di queste piacevoli situazioni?

Ero molto comprensivo e stavo dalla parte delle ragazze che avevano fiducia in me, un padre di famiglia di altri tempi!

-Cosa scrivevano gli innamorati nelle cartoline colorate?

Co questa cartolina ti giunga il mio cuore e un bacio appassionato!

-Tra le lettere da consegnare c’erano quelle degli emigranti. Da Lercara erano partite molte persone per ragioni di lavoro, per il Belgio, la Francia, la Germania, l’America e per altre parti del mondo…Come reagivano i parenti degli emigranti quando ricevevano le lettere?

Quando la lettera ritardava di qualche giorno i parenti stavano in attesa e si preoccupavano, erano in pensiero, ed erano sempre all’erta, e chiedevano, passa Pietrino, passa u postino? Non è come oggi che con i cellulari puoi parlare con il mondo intero in ogni momento.

-A che ora passava per consegnare la posta?

Non avevo un orario preciso. La corrispondenza si svolgeva in due tempi, la mattina prima si faceva lo smaltimento, si sistemava la posta e dopo uscivamo. Alle 15, nel pomeriggio rientravamo un’altra volta, era un lavoro continuo. Certe volte consumavamo un panino fuori dalla posta e poi ritornavamo di nuovo al lavoro.

-Come si muoveva in paese?

A quei tempi mi muovevo a piedi. Dopo il 1970/71 prima ho iniziato con la bicicletta e poi sono stato autorizzato dall’amministrazione ad utilizzare un vespino, di cui mi pagavano le spese giornaliere.

-Come ha vissuto i cambiamenti delle poste?

Oggi le lettere si scrivono al computer, alcune sono già stampate, e il mondo non si riconosce più!

-Lei ha visto cambiare il suo paese, quali cambiamenti ha notato in questi anni a Lercara rispetto agli anni in cui faceva il postino?

La prima cosa che ho notato è che oggi manca il rispetto di una volta!

-Ha mai raccolto cartoline di altri paesi del mondo, quelle che molti conservavano a casa per far vedere a tutti che avevano amici importanti sparsi per i 5 continenti?

Si qualcuno c’era a Lercara che faceva queste collezioni.

-Ha mai consegnato una lettera anonima.

Queste cose succedevano anche a Lercara. E c’era specificato da consegnare nelle proprie mani del signor… Ed io dovevo stare molto attento perché erano cose assai delicate in ballo. Erano come le lettere raccomandate, si aspettava qualche giorno, ma poi la persona si trovava sempre. Perché la persona era molto attenta ed aspettava questa lettera con impazienza.

-Nel mio paese c’è stato un postino che in Lombardia durante la consegna di una lettera è stato morso da un cane… Ha mai corso questo rischio?

Si anch’io ho vissuto questo rischio. Nel 1967 fino al ’70 nella consegna della posta del pomeriggio, mattina e sera due consegne, “unu s’havia a scantari ca c’eranu l’armali, li vestii attaccati fora” e noi dovevamo muoverci con la lampadina, perché faceva buio presto, soprattutto nei mesi di dicembre e gennaio. Non nascondo che in quei momenti ho avuto un po’ di paura nel passare dietro gli animali.

-Ha mai ricevuto un riconoscimento per il suo lavoro?

No, mai! Il direttore si è complimentato con me per quello che ho fatto, ero sempre disponibile ad andare in qualsiasi posto.

-Penso che il sindaco di Lercara dovrebbe consegnarle una targa di riconoscimento per il suo prezioso lavoro, i postini hanno creato tanta poesia anche nei piccoli borghi e sono depositari di tante belle storie. Quanti erano i postini negli anni ‘70 a Lercara?

Eravamo in tre, io, Girolamo Lucania e Salvatore Fragapane. Io ho fatto il sostituto per sette anni. Poi nel luglio del 1972 sono stato assunto a tempo indeterminato con un concorso interno.

-Cosa pensa del fatto che non si scrivono più lettere, che non si trovano più le cartoline delle città siciliane?

E’ tutta colpa dei telefonini che hanno cambiato le regole della nostra vita…

-Ha mai lavorato all’estero?

Il 9 agosto del 1965 ho fatto la domanda, dopo sei mesi non avevo ricevuto nessuna risposta e sono partito per la Germania. Dopo sei mesi mi è arrivata la nomina per fare il sostituto alle poste, così con grande gioia sono rientrato in paese. Non posso dire la felicità che ho provato quel giorno!

-Come trascorre il suo tempo da pensionato?

Coltivo il mio orto, il pomeriggio vengo al circolo, sono uno dei responsabili. Così trascorro le mie giornate

-Ma è vero che lei prima di lavorare alle poste lei ha fatto anche il barbiere?

Si, proprio così!

-Doveva aveva il salone?

Nella piazzetta San Giuseppe.

-Si suonava nel suo salone con chitarra e mandolino, come avveniva in alcuni paesi della provincia di Agrigento?

Si suonava la chitarra. La sera venivano amici e con la musica ci mettevamo tutti d’accordo. Quando eravamo liberi improvvisavamo una festicciola tra amici e ognuno portava qualcosa da mangiare.

-Ha mai tirato i denti e fatto gli scoppi ai clienti?

No, al tempo mio queste cose le avevano già levate, mi riferisco ai denti, agli scoppi, alle sanguette e alle sanguisuche…

-Quanti anni ha fatto il barbiere?

L’ho fatto per sette anni. Dal 1963 al 1970. Poi sono entrato alle poste ed ho chiuso il salone.

-Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Di campare a lungo per godermi la pensione…

Si ringraziano: Vito Cacciatore, Maria Grazia Lala, Salvatore Indelicato e Pippo Furnari.