Agrigento: 65 milioni di metri cubi d’acqua nelle dighe agrigentine. Quasi 20 milioni nell’invaso Castello

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Ieri nella celebrazione della giornata mondiale dell’acqua, molti agrigentini si sono chiesti quali siano le risorse idriche oggi presenti negli invasi della provincia di Agrigento e si esistano dei rischi per l’approvvigionamento idrico e dei consumi per usi civili e per l’agricoltura. Contemporaneamente è arrivato il report mensile del dipartimento regionale dell’Autorità di Bacino del Distretto Idrografico di Sicilia che indica tutti i mesi dell’anno la quantità d’acqua presente nelle 28 dighe dell’Isola. Negli 8 invasi della provincia di Agrigento alla data dell’1 marzo scorso, quando è stato fatto il rilevamento, c’erano 65 milioni di metri cubi d’acqua.

Si tratta di una quantità idrica che, rispetto alla stessa data dell’anno scorso, è inferiore di circa un terzo. Si è passati dagli otre 95 milioni di metri cubi, in buona parte utilizzati per irrigare le colture e per distribuirli alle popolazioni, a circa 65 milioni di questi giorni. E’ vero che non sono stati calcolati gli accumuli dei primi 20 giorni di marzo, ma è anche vero che sorgenti e fiumi inutilizzati tutt’oggi, dove non vi sono barriere di raccolta, verso il mare . E’ pur vero che che tra marzo ed aprile, specie nell’area collinare dei Monti Sicani, potrebbero registrarsi ancora delle precipitazioni atmosferiche che andrebbero ad alimentare i torrenti e quindi gli invasi del territorio.

Oggi è questa la situazione dell’invasamento dell’acqua nelle dighe (tra parentesi la quantità d’acqua in assoluto a bacino pieno): diga Arancio sul Carboj di Sambuca di Sicilia 14,36 milioni di metri cubi (34,80), diga Castello sul Magazzolo di Bivona 18,88 (21,00), Fanaco sul Platani di Castronovo di Sicilia 11,69 (20,70), Gorgo sul Fosso di Gurra di Montallegro 0,80 (3,41), Leone sul Verdura di Santo Stefano Quisquina 3,60 (4,19), Raia di Prizzi 5,00 (9,20), Gammauta di Palazzo Adriano 0,60 (050), San Giovanni sul Naro 12,59 (16,30). I dati che saltano agli occhi sono quelli di una consistente diminuzione dei volumi idrici che mancano nelle dighe dell’Arancio, del Fanaco, del Prizzi e del San Giovanni, da occidente ad oriente nella provincia.

L’acqua mancante assommerebbe a circa 10-12 milioni di metri cubi che preoccupano il mondo dell’agricoltura, specie se la prossima estate dovesse registrarsi una calura eccessiva come quella del 2022. Il consorzio di bonifica di Agrigento ha annunciato una revisione di tutta la rete di distribuzione provinciale per evitare scoppi delle condutture per le forti pressioni nel pompaggio e perdite consistenti fin oltre il 30 per cento nelle tubazioni.

Un altro nodo vitale che la Regione Siciliana deve sciogliere è quello della presenza di milioni di detriti giacenti sul fondo degli 8 invasi. Si calcola che almeno 10 milioni di metri cubi di fango, arbusti, sassi ed inerti stanno intasando da anni un maggiore accumulo dell’acqua. Si potrebbero assicurare almeno altre due-tre irrigazioni e rifornire per usi civili le popolazioni agrigentine.