Ribera: Don Francesco Guarino scrive da Roma “La mia preghiera al Signore perché ci liberi presto da questa pandemia”

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Carissimi compaesani e compaesane,
sono don Francesco Guarino (Ciccio per gli amici) e dal 2012 risiedo a Roma svolgendo il mio servizio pastorale presso la Parrocchia Santa Maria Regina Pacis e, allo stesso tempo, proseguo i miei studi presso la Pontificia Università Urbaniana.
Come ogni uomo e donna sono abbastanza preoccupato della situazione che stiamo vivendo nel mondo a causa del coronavirus che, come abbiamo ben potuto constatare, non risparmia nessuno: da un giorno all’altro potrebbe colpire chiunque.
Volevo condividere la mia esperienza del 2001 quando, ritornando dalla breve esperienza in Africa (Tanzania), avevo contratto la malaria de fui ricoverato da subito presso l’ospedale di Ribera e successivamente, visto l’aggravarsi delle mie condizioni di salute, presso il reparto di malattie infettive dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta.
Ho vissuto un lungo periodo in isolamento in una stanza sterile e ricordo che per me i giorni trascorrevano come se fosse sempre lo stesso giorno: riuscivo a vedere una striscia di cielo dalla finestra che era di fronte al mio letto; quella stanza era tutto il mio mondo e il mio ospedale poiché ogni intervento e cura, da parte dei sanitari, veniva operata nella stanza senza che mi portassero in altri luoghi dell’ospedale per evitare altre complicazioni.
Non vi nascondo che sono stati mesi difficili e per questo capisco molto bene la situazione di chi è costretto a stare in ospedale attaccato ad una macchina con la speranza di vedere una speranza di guarigione; altresì ricordo come se fosse oggi, dopo il mio trasferimento a casa ho dovuto vivere la quarantena perché ancora debole e le mie difese immunitarie molto basse e tutto ciò mi fa capire quanto sia difficile stare a casa per chi è abituato ad avere una vita sociale alquanto movimentata. Questo mi ha consentito in seguito di tornare alla mia vita normale anche se ho dovuto cambiare alcune mie abitudini per il fatto che la malattia ha segnato profondamente la mia vita
. Questo è il motivo perché oggi vi invito caldamente – per il bene di tutti e per un ritorno alla nostra quotidianità – di restare a casa e di uscire solo per precise esigenze che le autorità competenti ci hanno chiesto: è un sacrificio grande che alla fine premierà tutti; bisogna che ciascuno di noi si responsabilizzi e questo ci renderà più uomini e donne veri. Nessuno ci vuole privare della nostra libertà, anzi ci vogliono tutelare e aiutare a superare questa difficile di situazione causata dal coronavirus che come dicevo prima non fa distinzione di persone.
Il 19 novembre di quello stesso anno, insieme ad altri 5 compagni di viaggio, sono stato ordinato sacerdote e il 21 novembre ho celebrato la mia prima Messa nella nostra Chiesa Madre di Ribera circondato dall’affetto della mia famiglia, degli amici, dai miei carissimi amici della banda musicale, di persone provenienti da altri paesi, dei miei amatissimi concittadini con la presenza delle autorità civili, militari e religiose.
La Quaresima è certamente un tempo di penitenza e sacrificio personale e comunitario che ci aiuta a prepararci alla Settimana Santa per giungere insieme alla Pasqua di Resurrezione; ci rendiamo conto che quest’anno la Quaresima ha un sapore ancor più penitenziale e i riti della Settimana Santa ci vedranno impegnati a celebrare tutte le funzioni religiose in Chiesa senza il popolo ma sentendo ciascuno di voi vicini nella preghiera; altresì senza poter vivere i riti esterni che fanno parte della nostra pietà popolare: la mattina di Pasqua del 2020 non sentiremo il grido di “Largo, Largo, Largo”, le note della marcia “Celestina” che introduce la processione di San Michele con Gesù; il correre insieme verso Maria per gridare che Gesù è Risorto, accompagnati dagli spari dei mortaretti e dalla tradizionale marcia festosa di Pasqua che ogni anno suscita nel nostro cuore grande emozione e lascia scorrere qualche lacrima di gioia sul nostro viso; gli abbracci di pace e di auguri di una Buona Pasqua, così come il condividere il pranzo insieme ai nostri familiari e amici.
Sarà una Pasqua diversa ma certi che il Signore è Risorto una volta e per sempre e ha vinto la morte: l’ultima parola non è dolore ma gioia, non è morte ma vita.
Dio ci benedica e nel suo immenso amore ci liberi presto da questa pandemia per tornare nuovamente ad incontrarci, abbracciarci, sorridere e soprattutto capire che nella vita è inutile coltivare rancori nei confronti dell’altro perché questo tempo di sofferenza ci sta insegnando che la nostra storia può cambiare in un millesimo di secondo.
Cari riberesi – come dissi il giorno della mia prima Messa – lo voglio ripetere ancor più forte oggi con tutto il mio cuore: Ribera, Ti voglio Bene!
La mia benedizione su tutti voi e la mia preghiera, in particolare, per gli ammalati e per quanti in questi giorni hanno perso una persona cara.

Con affetto don Francesco Guarino