Ritratti: Musicisti del nostro tempo.Maurizio Piscopo incontra Francesco Buzzurro

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Francesco Buzzurro è conosciuto in ogni parte del mondo. E’ il musicista agrigentino che ha viaggiato di più ed ha portato ovunque la Sicilia con la sua musica inventando la chitarra orchestra. Francesco con la chitarra riesce a incantare il pubblico per due ore di seguito. Una sera l’ho incontrato al teatro Politeama di Palermo e l’indomani era già al Berliner Ensemble di Berlino per un altro concerto.
Molte riviste specializzate gli hanno dedicato grande spazio. Anche le sue presenze in tv hanno fatto di lui un grande personaggio e un nome di grido. Il suo estro e la sua creatività lo portano a spaziare fra tantissimi generi musicali: dal folk al jazz, al samba, alla bossa nova. A contribuire al suo successo planetario ha contribuito il produttore Alfredo Lo Faro che ha saputo organizzare eventi e tournèe in ogni parte del mondo e che hanno fatto del suo lavoro una ragione di vita al servizio dell’arte. Il tocco di Francesco è speciale, unico e magico. Certe volte penso che sia nato con la chitarra.
Come sarebbe stata la tua vita se non avessero inventato la chitarra?
Sarebbe stata diversa, non so se migliore o peggiore poiché questo sarebbe dipeso dall’educazione che avrei eventualmente ricevuto dalla mia famiglia e dalla società. Direi invece che mi è andata bene perché grazie alla chitarra ho avuto opportunità significative come quella di curare il mio spirito, di entrare in comunicazione con gli altri, di viaggiare e anche di scoprire l’amore.

A proposito chi l’ha inventata la chitarra ?

Difficile rispondere a questa domanda con assoluta precisione. Si dice che la chitarra sia nata 3500 anni fa e derivi dalla Citara (cetra) greca, dal Setar persiano o successivamente dal liuto arabo. Certamente i cosiddetti “cordofoni”, gli strumenti a corda nelle forme più svariate, hanno accompagnato sin dalla preistoria l’uomo nel suo desiderio di esprimersi col canto o con la semplice musica strumentale per raccontare così le sue emozioni o i fatti salienti della società del suo tempo. Le prime chitarre classiche come noi le conosciamo furono costruite dalla metà del XVII secolo in avanti in Spagna da Antonio De Torres ed in Italia dai liutai napoletani Vinaccia e Fabricatore.

Perché la chitarra è come una donna?
La donna è molto più bella e anche misteriosa, ma un fatto è certo: da quando esiste la serenata, intesa nello specifico come brano dedicato, composto o semplicemente eseguito per amore di una donna, lo strumento che meglio può occuparsene rimane la chitarra, per la sua dolcezza, perché è completa armonicamente e forse, come dice il sommo poeta brasiliano Vinicius De Moraes, perché le sue forme ricordano proprio quelle delle curve di una donna.

Per te la chitarra è una grande orchestra?
Senza alcun dubbio. Ho sempre ritenuto formidabili le potenzialità polifoniche della chitarra, strumento capace di sostenersi autonomamente nell’esecuzione di brani che dal punto di vista formale sono del tutto completi relativamente ai tre piani sonori di basso, accompagnamento e melodia. Mi sono sempre posto un obiettivo preciso sia nelle mie improvvisazioni che nei miei arrangiamenti solistici di brani celebri, ovvero mantenere in perfetto equilibrio ritmo, armonia e melodia affinchè l’ascoltatore non sentisse mai l’esigenza di ulteriori musicisti aggiunti. Con questo non voglio assolutamente affermare che non amo suonare con gli altri, anzi, la mia storia e le mie collaborazioni parlano chiaro, ma voglio ribadire il mio maggiore interesse verso la performance solista e la forte libertà che le attribuisco per il semplice fatto che è svincolata dalla rigidità di un arrangiamento preconfezionato e mi lascia dunque ampio spazio interpretativo.

Hai suonato in ogni parte dell’universo, ma qual è la città nella quale vorresti ritornare ad esibirti?
Sicuramente Mosca, la città dove ho vissuto una delle più belle esperienze artistiche suonando i miei brani originali alla Ciaikovskij Concert Hall insieme allo splendido Coro del Patriarca. Per questo e per la ricchezza delle esperienze concertistiche degli ultimi dieci anni della mia attività musicale devo ringraziare il mio Produttore Alfredo Lo Faro che ha creduto nella mia arte investendovi grandi risorse economiche ed un forte impegno progettuale. Insieme facciamo davvero una bella squadra.
Ennio Morricone ti ha definito il maggiore chitarrista del mondo. In quale occasione il Maestro ha fatto questa dichiarazione?
E’ una cosa che da un lato mi inorgoglisce parecchio mentre dall’altro mi genera quasi una sorta di pudore, di timore reverenziale verso una figura che ha consegnato pagine di grande musica all’umanità. Successe alcuni anni fa a Roma ad una manifestazione benefica con tanti ospiti illustri tra i quali Morricone che seduto in platea, al termine della mia performance, disse la frase “Francesco Buzzurro è uno dei più grandi chitarristi al mondo perché è capace di rendere fruibile a tutti la musica colta”. Probabilmente questa considerazione fu generata non solo dalla sensibilità del maestro ma credo anche dalla risposta del pubblico dell’epoca.
Hai musicato un film di Gabriele Muccino hai lavorato con il Teatro insieme ad un grande fuoriclasse agrigentino Gianfranco Jannuzzo, hai suonato con i maggiori jazzisti del mondo, che cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
Un artista cresce insieme a tutte le esperienze che ha la fortuna di fare. Queste esperienze mi hanno arricchito umanamente e professionalmente e in qualche modo mi hanno spinto verso una conoscenza via via sempre più approfondita dei miei mezzi espressivi. Lavorare spesso in duo con Antonella Ruggiero, ad esempio, mi ha ulteriormente completato come chitarrista “one man band”, o ancora la militanza per anni all’interno dell’Orchestra Jazz Siciliana mi ha insegnato ad accompagnare, a sapere ascoltare quanto di musicalmente interessante accadeva intorno a me, le sezioni dei fiati con i loro obbligati orchestrali, sonorità che riecheggiano nelle mie rielaborazioni per chitarra sola. Potrei citare ancora Fabio Concato, Lucio Dalla, Bireli Lagrene, Yamandù Costa, o ancora tutto il folk che ho suonato…In definitiva, bisogna saper prendere il meglio da tutte le personalità artistiche con le quali si collabora nel tempo integrandolo nel proprio linguaggio.

Tu e Giovanni, tuo fratello, siete in giro per il mondo, lui vive in Messico e tu in Sicilia. Cosa vi lega?
Un affetto profondo che la distanza non potrà mai cancellare. Siamo cresciuti insieme umanamente e musicalmente facendo esperienze di straordinaria importanza che conserviamo nel cuore. Ogni volta che ci vediamo è una festa e stiamo anche progettando un cd in duo con nostre composizioni originali. Nonostante siamo lontani ci sentiamo quasi quotidianamente e condividiamo un’unica visione allargata della musica, la passione per il jazz e la musica latina, e la stessa autentica gioia di suonare che avevamo da piccoli in occasione delle nostre prime performance folk in pubblico e che ancora oggi è dentro di noi. Mi manca molto mio fratello, bassista ormai di caratura internazionale, e naturalmente tutta la sua splendida famiglia, ma se lui è felice allora lo sono anch’io.

Cosa hai provato in questi mesi di lockdown con i teatri chiusi?

Una grande tristezza prima di tutto per l’intera umanità ferita, per le centinaia di migliaia di persone che hanno perso la vita. E’ stato un anno strano dal punto di vista personale e musicale. Ho perduto tantissimi concerti e spero di poterne recuperare alcuni, mi sono mancati il palcoscenico, il calore del pubblico, gli straordinari momenti di concentrazione nel silenzio di un teatro prima di un concerto, le risate, la compagnia dei miei amici più cari, i viaggi e molto altro ancora…Tuttavia, sono riuscito a non mollare mantenendo sempre vivo il contatto coi miei studenti in Conservatorio con la didattica a distanza e con i miei fan attraverso i social. Ho completato il mio ultimo cd “Solo con Django” trascrivendone tutti e dodici gli arrangiamenti ed ho anche iniziato a progettare un cd natalizio con mie musiche originali e che dedicherò a tutte le vittime di questa tragica pandemia.

Francesco Buzzurro descrive se stesso con pregi e difetti come se fosse una terza persona, un estraneo in maniera pirandelliana…

E’ la prima volta che mi viene posta una richiesta simile e mi fa molto piacere perché guardarsi dal di fuori con oggettività non è cosa facile ma cominciamo subito dai difetti. Posso dire di non essere un asso nei lavori manuali di tipo casalingo, come smontare rubinetti, riparare piccole cose, insomma sono una frana e mi ci devo applicare con sforzo e la colpa di tutto ciò è da ascrivere a mio padre e in generale a tutti quelli che mi circondano preoccupati di proteggere le mie adorate mani. Dal punto di vista culturale generale non sono mai stato forte in matematica e da giovanissimo odiavo la chimica ma amavo moltissimo le materie umanistiche e le lingue straniere. Ho condotto una vita un pochino lontana dallo sport (per ovvi motivi…ma non è una giustificazione) anche se crescendo ho cercato di ovviare ed oggi ci sto molto attento perché la salute è importante. Sono un inguaribile goloso nel senso che amo la cultura del mangiar bene e la tavola come focolare domestico e crocevia di amicizie. Mi ritengo abbastanza permaloso, per via della mia grande sensibilità e posso rimanere male per una frase o una parola che credo mi feriscano. Spesso pondero troppo tutti i possibili risvolti di una decisione e potrei infischiarmene essendo più diretto ed immediato. Ora passiamo ai pregi…e sono tanti ovviamente! Sono l’uomo più disponibile al mondo, amo la mia famiglia sopra ogni cosa e collaboro con gioia nella gestione delle necessità dei familiari, mi piace leggere, approfondire di tutto e studiare continuamente; sono molto equilibrato ed ho un rapporto stupendo coi miei allievi e con tutti i miei colleghi dei quali ho grande rispetto indipendentemente dall’apprezzare o no le loro scelte artistiche; guardo sempre al futuro come se non dovessi morire mai e ho sempre progetti in mente; per ultimo, e spero mi perdonerete, ritengo di essere un bravo chitarrista e un ottimo giocatore di ping-pong!


Dove finisce la musica quando si spengono le luci del teatro?
Non finisce per niente, anzi, rimane come un’eco nella mente per molto tempo. L’adrenalina post concerto è altissima per me e posso rimanere sveglio per ore prima di crollare definitivamente per la stanchezza. Una volta, proprio per la suggestione generatami dalla vista del teatro vuoto dopo essere stato brulicante di gente appena un attimo prima, ho scritto per mia moglie Paola un brano intitolato proprio “When the concertis over” e forse un giorno lo metterò in un disco.

Puoi commentare queste frasi:

La musica può rendere gli uomini liberi?
Un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra…
Anche nei lager i musicisti componevano brani struggenti e straordinari, la musica non si è fermata nemmeno nei campi di concentramento…
Posso sintetizzarle sicuramente in un’unica risposta poiché queste frasi rimandano all’unica tematica della forza della Musica come linguaggio universale. Personalmente, credo che l’uomo non smetterà mai di raccontare la vita attraverso le corde di una chitarra, i tasti di un pianoforte o ancora il suono di una grande orchestra. Platone la riteneva la più alta tra le arti e nella storia della letteratura e della filosofia innumerevoli scrittori hanno talora tentato di svelarne i più reconditi significati o se ne sono avvalsi come pura fonte di ispirazione. La Musica arriva dritta al nostro cuore ed è capace di suscitare in noi le emozioni più intense, come farci piangere ad esempio nei film “Il pianista” o “Schindler’s List” tanto per citarne due che hanno narrato gli orrori dei lager nazisti. Io stesso, da adolescente, ho sperimentato quanto la musica potesse essere una terapia utile nell’alleviare le sofferenze dei disabili al tempo in cui mia madre insegnava in un istituto che li accoglieva, “Casa della speranza”. Per queste motivazioni ho sempre creduto nel valore educativo della musica che dovrebbe essere insegnata con maggiore convinzione dalla più tenera età per formare futuri cittadini capaci di ascoltarsi.

Che succede nella tua mente prima di andare in scena?
Sono sempre tranquillissimo perché il posto dove amo stare di più è il palcoscenico. Generalmente gironzolo dietro le quinte osservando la sala che pian piano si riempie, e ovviamente mi scaldo provando qualche passaggio più complesso, penso alla scaletta, mi sgranchisco con piccoli esercizi di stretching per le braccia e le spalle, o semplicemente prendo un biscottino e un caffè poiché il dispendio di energie in un concerto di quasi due ore da solo è notevole.
Quali sono le musiche del cielo?
Il cielo rappresenta nel mio immaginario una dimensione inconoscibile, religiosa, ultraterrena. Ritengo che Bach abbia espresso meglio di chiunque altro la forza mistica della Musica nelle sue composizioni per organo, i corali, le messe, esprimendo un legame spirituale fortissimo tra la perfetta architettura dei suoni e la perfezione di Dio. Attraverso le sue creazioni musicali ha magistralmente dipinto l’anelito dell’uomo di elevarsi nella ricerca della visione beatifica di Dio.
E le musiche della natura?
Qui molto immodestamente voglio citare me stesso e il mio cd “Il quinto elemento” in cui ho voluto rappresentare tramite le mie dodici composizioni i quattro elementi della Natura con la Musica come quinto elemento unificante. In ciascuno dei tre brani dedicati ad ogni elemento, in un’ottica filosofica empedoclea, ho cercato di evocare tre livelli diversi del suo stato, la quiete, la forza, il divenire. Si è trattato di un lavoro che mi ha assorbito completamente e che mi ha dato enormi soddisfazioni al punto da diventare un progetto per chitarra e orchestra che presto mi auguro vedrà la luce.
Quali sono i tuoi progetti del nuovo anno?
Senza alcun dubbio potere ritornare ai miei concerti live portando in scena il mio ultimo disco “Solo con Django” (prenotabile direttamente alla mia produzione via whattsapp al numero 333.3355811) inciso pochi giorni prima che scattasse il lockdown. Si tratta di un personale tributo, ambiziosamente realizzato per chitarra sola, al formidabile quintetto “ Hot Club de France” del geniale musicista Django Reinhardt che rimane ancora oggi uno dei miti della mia adolescenza. Nel frattempo spero di tornare alle lezioni in presenza e di rivedere tanti amici che non incontro purtroppo da parecchio tempo e citando il grande Edoardo De Filippo ti saluto con un sorriso dicendo “ Adda passà ‘a nuttata!”.

Francesco Buzzurro biografia.
Francesco Buzzurro, siciliano, classe 1969, è uno dei più apprezzati e poliedrici chitarristi italiani. Grazie alla sua straordinaria tecnica di matrice classica, aperta a una conoscenza profonda del jazz e dell’improvvisazione, è diventato negli anni un punto di riferimento assoluto per il mondo della chitarra acustica. È stato votato dalla rivista di settore Musica Jazz come uno dei più talentuosi del panorama internazionale. È inoltre stato eletto “miglior chitarrista jazz” in un sondaggio dei lettori della rivista Guitar Player Magazine e “miglior chitarrista europeo” dalla Borsa Internazionale della Cultura di Friburgo.
Artista straordinariamente versatile, affronta la musica dal punto di vista più ampio possibile; non esistono limiti per lui, nessun vincolo è dettato da etichette o consuetudini, così che a un suo concerto si può gioire ascoltando brani di giganti del jazz seguiti da una romanza come il “Nessun dorma” di Giacomo Puccini. A prescindere da quale sia il genere del brano proposto, Francesco Buzzurro lo interpreta in modo assolutamente personale e i suoi arrangiamenti trascendentali sono ormai celebri. Le sue composizioni originali rivelano invece gli aspetti più intimi della sua personalità.
Tecnica, passione, virtuosismo, originalità: Francesco Buzzurro è un vulcano che travolge e stupisce e la chitarra, tra le sue mani, diventa una piccola orchestra.
Vanta collaborazioni prestigiose nel jazz e nel pop d’autore con: Francesco Cafiso, Antonella Ruggiero, Fabio Concato, Bireli Lagrene, Frank Vignola, Yamandù Costa, Orchestra Jazz Siciliana e Phil Woods, Bob Mintzer, Diane Shurr, Arturo Sandoval , Lucio Dalla, Toots Thielemans ecc…
È docente di Chitarra Jazz al Conservatorio Martucci di Salerno e tiene seminari a livello internazionale presso università e prestigiosi conservatori nel mondo, tra questi la University of Southern California di Los Angeles e il Royal College of Music di Londra.

Le foto di Francesco Buzzurro sono di Paolo Galletta e Arturo Safina.